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Grecia: la “Buona scuola” di Tsipras
Presentata la riforma scolastica del governo Tsipras, tra le novità l’eliminazione dei costosi istituti privati per la preparazione agli esami di accesso alle università
“Oggi non esistono scuole e i nostri figli imparano le materie frequentando i frontistiria. Genitori poveri come noi pagano soldi che non hanno per iscrivere i figli ai frontistiria per potere essere ammessi all’università. Chiediamo che le scuole pubbliche funzionino davvero e che i frontistiria smettano di lucrare”.
Il premier greco Alexis Tsipras deve avere letto questa frase in uno degli ultimi romanzi del giallista Petros Markaris (“Titoli di coda”, l’epilogo della Trilogia sulla crisi, tradotto in Italia da Bompiani), dove un direttore di un frontistirio, ossia di un costoso istituto privato che prepara ogni pomeriggio i ragazzi degli ultimi tre anni delle superiori agli esami panellenici di ammissione all’università, direttore che come i suoi colleghi in carne e ossa paga uno stipendio da fame agli insegnanti che assume, finisce ucciso da misteriosi giustizieri che se la prendono con chi ha ridotto la Grecia allo stremo. Sul suo cadavere viene deposto un volantino con la frase sopra citata.
Senza arrivare a soluzioni così sanguinose e radicali, uno dei capisaldi della riforma della “Buona scuola” in salsa ellenica, annunciata da Tsipras, è proprio la valorizzazione della scuola pubblica e l’eliminazione dei famigerati frontistiria, che da decenni si arricchiscono sui sogni dei genitori greci riguardo il futuro della prole.
Sì, perché le famiglie elleniche sono forse le uniche, in Europa, a pagare 600 euro al mese, circa 5000 euro l’anno, per preparare i propri figli agli esami di ammissione all’università. E questa cifra va moltiplicata per almeno gli ultimi tre anni scolastici delle superiori. I ragazzi greci sono gli unici a frequentare, oltre alla scuola pubblica la mattina, anche circa tre-quattro ore di frontistirio ogni pomeriggio. Questi ultimi sono istituti privati che preparano appunto agli esami ufficiali panellenici che ogni estate decidono la sorte universitaria di ogni studente. Il loro costo è un salasso, tanto più in un paese che dal 2008 attraversa la peggiore crisi economica della sua storia.
“Io ho due figli, mio marito ha un negozio di prodotti elettrici a rischio chiusura, mi sono inventata mille lavori, dal preparare torte in casa per venderle ai ristoranti, al dare lezioni di danze tradizionali per mandare i miei figli ai frontistiria qualche anno fa” racconta Dimitra, ex casalinga che ormai tira il fiato perché il pargolo maggiore ha ormai concluso gli studi e quello minore è all’ultimo anno di università.
Cosa cambia con la riforma
Ma la “Buona scuola” di Tsipras prevede anche altri cambiamenti. Istruzione obbligatoria fino ai 18 anni, contro i 16 anni attuali, scuola dell’infanzia obbligatoria e disponibile per tutti a partire dai quattro anni di età, elementari a tempo pieno e, particolare non trascurabile in tempi di crisi, mense assicurate a un numero doppio di bambini rispetto a oggi.
Tuttavia il nocciolo duro della riforma ambisce ad essere la “valorizzazione degli ultimi tre anni delle superiori”, in modo che gli esami panellenici di ammissione agli atenei siano aboliti e basti un buon voto di maturità per entrare nelle aule universitarie.
Intendiamoci, con gli attuali “esami panellenici” non parliamo dei rapidi, seppur complessi e selettivi, test di ammissione a certe facoltà a numero chiuso a cui si sottopongono i liceali italiani, di solito durante il quinto anno delle superiori.
Parliamo di esami nazionali che richiedono tre anni di preparazione pomeridiana, al di là delle ore – giudicate non sufficienti o addirittura marginali – passate sui banchi della scuola pubblica dove si ottiene un semplice diploma che non ha l’aura sacrale che ancora mantiene la maturità in Italia.
Gli esami panellenici sono da decenni l’incubo di ogni liceale: abolirli sarà un vero sollievo. “Con un notevole risparmio per le famiglie – conferma a OBC Transeuropa, dati nazionali alla mano, Nikos Paizis, ricercatore del Kanep (Centre for Educational Policy Development del sindacato GSEE, forte soprattutto fra i lavoratori del settore privato) e autore del rapporto annuale 2016 sull’Istruzione in Grecia – basti pensare che nel 2014 i genitori hanno speso in media 3218 euro per ogni figlio che andava al liceo o all’istituto tecnico, e questo solo per i frontistiria, senza contare le ripetizioni private. Una cifra enorme, e pensare che a causa della crisi è diminuita di un terzo rispetto a quella del 2009!”. Il 2009: i tempi in cui la signora Dimitra si svenava per pagare 5000 euro l’anno gli istituti privati per ognuno dei propri figli.
Resta da capire cosa significherà, in pratica, la “valorizzazione” degli ultimi tre anni delle superiori. Tsipras ha parlato di un curriculum con “meno materie ma più ore per materia”. Molti accademici temono che questo si traduca in un eccessivo impoverimento del bagaglio culturale: soprattutto perché una delle ipotesi ventilate, ad esempio nel settore degli studi classici, è quella di studiare Platone e Tucidide non nel testo originale in greco antico, ma in traduzione “per approfondire la loro valenza storica e filosofica, senza torturare i ragazzi del ginnasio con la grammatica di 3000 anni fa”.
Parole dell’ex ministro dell’Istruzione Nikos Philis, pronunciate questa primavera e mai smentite ufficialmente dal suo attuale successore, parole che hanno fatto rizzare le orecchie a centinaia di docenti universitari dall’Australia all’Europa, riuniti nella FIEC (Federazione Internazionale di Studi Classici), capitanata dal grecista dell’Università di Genova Franco Montanari, che ha spedito al governo ateniese una lettera infuocata, dove esprime stupore e preoccupazione per i progressivi tagli alle ore di greco classico che negli ultimi anni avvengono proprio nel paese culla della cultura antica, radice della civiltà occidentale.
Dimitra conferma: “La mia paura è che le famiglie, anche se risparmieranno, con il nuovo sistema non avranno per i loro figli una preparazione approfondita e adeguata”.
Fra luci e ombre, la riforma sarà esposta in dettaglio entro l’estate. Per ora è stata annunciata a grandi linee.
Ma già i ragazzi che ora frequentano i primi anni delle superiori iniziano a fregarsi le mani. Resta il fatto che le facoltà più gettonate e prestigiose, come Medicina ad Atene, potranno scegliere di ammettere solo ragazzi che prenderanno un voto da 19 ventesimi in su alla maturità.
Gli esclusi? Come già avviene oggi, dovranno dirottarsi su sedi meno richieste e non forzatamente vicine a casa: come oggi, un aspirante ingegnere di Creta, dopo non essere stato ammesso ad Atene e magari neppure al Politecnico di Chania, ossia nella sua isola natale, dovrà partire per l’università di Patrasso, con i relativi costi dello studiare fuori sede. Ma almeno Markaris, nel prossimo romanzo, dovrà scegliersi un’altra vittima da fare ammazzare dai “giustizieri” che vogliono ripulire la Grecia dalla corruzione. I famigerati frontistiria e i loro costi, con annessi insegnanti sottopagati, non ci saranno più.