Greci d’Albania
E’ una minoranza etnica di lingua greca e religione ortodossa residente nell’Albania meridionale, un’area che i greci continuano a chiamare Nord Epiro e i loro abitanti nordepiroti. Un approfondimento
Anche Melina Mercouri, attrice di “Topkapi” e voce indimenticabile dei “Ragazzi del Pireo” veniva da qui. Dalla regione che i greci chiamano Epiro del Nord, mentre gli albanesi Albania del sud. Un fazzoletto di terra di frontiera martoriata, dove tuttora vivono circa tra le 150mila e le 200mila anime di lingua greca e religione ortodossa, contro le 300mila del 1991.
La minoranza è ufficialmente riconosciuta da Tirana ma Atene li considera cittadini greci, hanno cittadinanza e passaporto greco. In maggioranza sono anziani dispersi fra le montagne in villaggi dai nomi suggestivi: Droviani (in albanese Dhrovjan), dall’antica radice greca “Dryoves”, “boscoso", paesino da cui discendeva da parte di mamma la protagonista del film “Mai di domenica”. E poi Foiniki (in albanese Finiq), che significa “Palma”, Drymades e Aghios Vasilios, arrampicati sui colli che guardano la Riviera albanese sullo Ionio, ora nel mirino degli espropri di case da parte delle autorità locali.
Oppure questi vecchietti abitano nella città di Koritsa e Argirocastro: una generazione di sopravvissuti colpiti ora dal coronavirus come tutti gli anziani del mondo in in più hanno difficoltà ad essere raggiunti da cure, farmaci e provviste adeguati. Con in più il fatto che loro, di esperienze estreme, ne hanno già vissute tante. E anche i figli, se non sono già emigrati all’estero, specie verso quella che sentono da sempre con orgoglio la loro patria: la Grecia al di là del posto di confine a Kakavia. Ma anche verso l’Australia e l’America.
Ragazzi come Christos Mastoras, giovane star della canzone melodica suonata col bouzouki, a capo del gruppo Melisses: “A soli due anni ho lasciato con la mia famiglia il paesino di Vodino per farmi curare una grave forma di leucemia ad Atene – racconta nei suoi profili Twitter e Facebook – mio bisnonno Vagghelis, è morto in Albania a 87 anni. Mi manca tanto. Aveva 25 anni quando insieme ai suoi compaesani ha accolto l’Esercito di liberazione ellenico contro l’invasione italiana di Mussolini. Poi, sotto il regime comunista di Enver Hoxha, è stato rinchiuso per 11 anni nelle tristemente famose prigioni di Spaz come ‘nemico del partito’, perché parlava greco e frequentava la chiesa ortodossa: condannato a estrarre nichel e cromo sulle montagne a 1500 metri di altezza, nell’Albania settentrionale. Molti di loro, in maggioranza di origine greca, non ce l’hanno fatta. È tornato a Vodino nel 1971. Per me lui era una vera miniera di racconti! Andavo spesso a trovarlo: oggi al paese sono rimasti in 40, da 500 che erano nel 1990”.
Mastoras ora si scaglia contro il governo conservatore di Kyriakos Mitsotakis, che pure aveva appoggiato alle scorse elezioni di luglio come difensore della grecità. “L’aveva promesso. Ma non ha fatto nulla per fare rispettare i diritti umani dei nordepiroti! – tuona Christos da un suo post di fine febbraio – molti di loro hanno pagato i contributi previdenziali sia allo Stato albanese sia in Grecia. Eppure, a parità di requisiti, ricevono da Atene una pensione minore di quella dei greci doc. È uno scandalo: se non rimedierà alle prossime urne voteremo tutti per il centrosinistra!”
Ad appoggiarlo sono arrivati i big della canzone greca, compresa la veterana del rebetiko Alkis Protopsalti. Ne abbiamo parlato con un autorevole studioso della questione: Ghiannis Papafloratos, giurista, autore del saggio “La grecità nel Nordepiro tramite documenti inediti” (in greco, Pelasgos editore, 2020), collaboratore dell’Eliamet (Fondazione ellenica di politica estera ed europea) e autore di 4 volumi sulle “Decisioni degli Organismi internazionali nella crisi jugoslava fra il 1991-1996”.
“Ad Atene c’è un grosso dibattito su quanto sia stato giusto dare il nostro assenso alla procedura di ingresso dell’Albania nell’Unione europea senza che Tirana abbia fornito impegni scritti – dice Papafloratos a OBC Transeuropa – questo perché l’Albania, anche se oggi è uno stato democratico, non rispetta ancora i diritti umani della minoranza greca nel Nord Epiro, così come sono stati sanciti dal Protocollo di Corfù del 1914 e da altri trattati internazionali. I nordepiroti chiedono di fermare gli espropri delle loro case e di essere risarciti per quelli già fatti. Non solo: vogliono avere ampia autonomia amministrativa, linguistica, religiosa. Purtroppo invece Tirana non ha quasi mai rispettato gli accordi”.
“Ci sono ancora chiese che non sono state restituite alla Chiesa ortodossa di Albania, perché erano state sequestrate dallo stato negli anni del socialismo reale, dal 1945 al 1991- racconta Papafloratos a OBC Transeuropa – simbolica la distruzione della chiesa di Aghios Athanasios a Drymades nell’agosto 2015. I nordepiroti vorrebbero anche celebrare senza ostacoli le feste nazionali greche. Se Tirana starà ai propri obblighi, migliorerà molto il clima fra i due paesi. Non dimentichiamo che in Grecia vivono fra gli 800mila e un milione di albanesi che rafforzano con le loro rimesse l’economia di Tirana e dintorni”.
Il libro di Papafloratos era nella borsa di Ermioni Kotsifas, sorella di un giovane della comunità greca ucciso dalla polizia albanese in uno scontro non ancora chiarito a Vouliarates, vicino ad Argirocastro, a un tiro di schioppo dal confine greco. Konstantinos Kotsifas stava issando la bandiera greca sulla chiesa del suo paesino il 28 ottobre 2018, anniversario della dichiarazione di guerra di Mussolini alla Grecia, seguita da una sconfitta dell’Italia, quando è stato colpito alla testa da un proiettile. Era un simpatizzante del MAVI (Fronte di liberazione del Nord Epiro), formazione di estrema destra nazionalista legato ad Alba Dorata.
In Albania le opposte bande estremiste delle due comunità si fronteggiano da più di un secolo: da quando l’Epiro del Nord è stato attribuito dalle grandi potenze all’Albania. Ermioni Kotsifas, esponente dell’Unione di centro, stava andando al funerale del fratello quando la polizia di frontiera albanese ha cercato di non farla passare. Il cadavere di Konstantinos è stato restituito alla famiglia solo dopo 10 giorni.
Qualcosa però si muove: pochi giorni fa il presidente albanese Illir Meta ha rimandato al Parlamento di Tirana come anticostituzionali una serie di norme che non tutelano le proprietà e le chiese della comunità greca del sud dell’Albania. Che sia la volta buona? La giovane star dell’ethnomusic Mastoras e le vecchine in abiti neri come Katsy, seduta davanti a una casa di pietra nel paesino fantasma di Droviani ad aspettare i figli che dalla Grecia le portavano ogni settimana le medicine per il cuore perché qui non riesce ad averle – e ora con la chiusura delle frontiere causa virus non possono più – aspettano, come da sempre, gli esiti della Storia sulle loro vite.