Georgia: le vacanze sovietiche non esistono più
Un albergo sul Mar Nero, nell’autoproclamata Repubblica di Abkhazia ed un sanatorio in un’area termale nel cuore della Georgia. E un’atmosfera retrò-sovietica che non li ha mai abbandonati. Un reportage
(Il reportage è stato pubblicato originariamente da Chai-Khana )
L’unica differenza è l’iPad. Il tablet tra le mani di Liliana è l’unico indizio del 21mo secolo. Tutt’attorno, il resto, lungo la via pedonale che si affaccia sul Mar Nero, con le sue tre fila di palme, è rimasto uguale a quando trascorse la sua prima vacanza in Abkhazia, negli anni ’70. Allora si era nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, ora in una delle due regioni separatiste della Georgia.
“Ci piace qui, come potrebbe non piacerci? Il sole, il mare, la natura. E’ salutare”, racconta questa donna moscovita di sessant’anni, respirando a pieni polmoni l’aria che profuma di salsedine. Seduto al suo fianco Pyotr, il marito, annuisce compilando parole crociate.
Di fronte alla loro panchina il grande colonnato semicircolare del resort AMRA, uno dei complessi alberghieri della costa sopravvissuti alla caduta dell’Unione Sovietica. In passato era conosciuto come il Sanatorio del 17mo Congresso del Partito. Quest’albergo da 240 stanze venne costruito nel 1952 come luogo di vacanza per la polizia segreta di Stalin. La dacia preferita dal compagno Koba (Stalin, ndr), dista pochi chilometri, attorniata da magnolie e caprifogli. L’albergo, a partire dagli anni ’60, è stato luogo di vacanze dell’intellighenzia del Comitato centrale del Partito comunista.
L’AMRA è uno delle centinaia di sanatori, spa e complessi alberghieri di cui era disseminata l’ex Unione Sovietica e che offrivano ai compagni un riposo annuale. I più prestigiosi erano lungo la costa del Mar Nero, dalla penisola della Crimea, passando da Sochi, dall’Abkhazia per arrivare sino al confine dell’attuale Georgia con la Turchia e sulle montagne del Caucaso.
“Quelli erano tempi più facili, durante l’Unione Sovietica”, sorride Liliana. In passato i funzionari di alto livello trascorrevano le loro vacanze in quell’albergo gratuitamente, oggi le tocca pagare. Un altro segno dei tempi, assieme ad altre conseguenze della dissoluzione sovietica, come la piscina del complesso, mai più riempita dalla guerra che ha sconvolto l’Abkhazia nel 1992-93.
Nelle architetture dell’AMRA lo stile stalinista incontra il neoclassicismo con statue sinuose, sottili colonne e un esplodere di arcate. Ampi corridoi vedono sparpagliati spartani divani e poltrone. L’albergo è visitato da centinaia di turisti, in particolare russi, ed offre un wi-fi improvvisato, nessun servizio in camera ma una certa atmosfera sub-tropicale. E tanta memoria. L’imponente statua di un serioso compagno Lenin con ai piedi una grande scacchiera che accoglie i villeggianti va diritta al cuore dei bei tempi andati.
Questo complesso alberghiero ben riassume il concetto sovietico del fare vacanza, teso a conciliare quest’ultima con la produttività dell’homo sovieticus. Il riposo era necessario, lo si sanciva nel codice del lavoro del 1922 e anche nella costituzione del 1936 che garantiva ai cittadini il “diritto al riposo”.
Diane P. Koenker, professoressa di storia all’Università dell’Illinois, che ha scritto ampiamente del fare vacanza nell’ex Unione Sovietica nota che “la vacanza sovietica non era certo una via d’uscita dalla mobilitazione dei cittadini verso un fine comune; fin dall’inizio è stata concepita come continuazione della mobilitazione con altri mezzi”.
Il riposare era salutare, terapeutico e rigenerante, una vacanza annuale era necessaria per riprendersi da un anno di duro lavoro e per rinvigorire corpo e mente del lavoratore sovietico. I lavoratori potevano andare in vacanza nei sanatori una volta all’anno a prendere il sole, a fare bagni termali, tutti ricoperti di fango disintossicante o massaggiati vigorosamente. Tutto sotto la stretta vigilanza di un dottore che si sarebbe assicurato anche che il cibo fosse nutriente.
“I sanatori e i centri salute divennero ‘scatole degli attrezzi’ per riparare i lavoratori”, sottolinea Koenker, “offrendo riposo strutturato e terapie mediche che avrebbero permesso ai lavoratori di recuperare le loro energie e forze per l’anno di lavoro innanzi a loro”.
Salute per il corpo e – un po’ meno – per l’anima erano molto importanti e quindi non puro riposo ma anche affiancamento medico. Furono i romani a forgiare il concetto di terapia legato ai bagni, dal latino Balneum, o del trattamento di malattie grazie alle acque termali: i sovietici hanno ridato forma a tutto questo seguendo principi marxisti.
I cittadini di Tskaltubo lo sanno bene. Oltre il fiume Enguri, confine di fatto tra Georgia ed Abkhazia, in pieno territorio georgiano questa cittadina di 16.000 abitanti rappresenta la gloria ormai evaporata delle terme sovietiche. Attraversata dal fiume omonimo, ha fato il suo ingresso nel turismo nel XIX secolo, durante l’Impero russo e nel 1931, un decreto della Repubblica socialista di Georgia, la definivano una località per sanatori di primo livello. Dei 22 sanatori costruiti da allora uno solo rimane attivo, tutti gli altri sono in vari gradi di sfacelo e molti ospitano migliaia di georgiani che fuggirono dall’Abkhazia alla fine del conflitto e che non sapevano dove andare.
Allo zenit del suo successo, negli anni ’70, Tskaltubo accoglieva più di 100.000 turisti ed un treno low-cost la collegava ogni giorno a Mosca. Non è più così. Ora delle circa 700 persone che vengono per bagnarsi nelle sue acque termali la maggior parte alloggiano all’Hotel Tskaltubo, l’unico sanatorio ancora aperto.
Come per l’AMRA a Gagra, anche le fortune di Tskaltubo potrebbero ora cambiare con il rinnovato interesse che sembra esserci attorno alle sue acque termali.
“Stanno venendo qui investitori interessati per rendersi conto del potenziale del turismo legato al wellness e per vedere queste sorgenti ricche di minerali terapeutici”, spiega Lela Lolomadze, trent’anni, energica manager dell’Hotel Tskaltubo Spa Resort, in passato sanatorio proprietà del ministero della Difesa ed ora utilizzato in prevalenza come hotel, anche se ancora adesso vengono offerti anche trattamenti medici.
Il fatto che fosse proprietà dei militari ha tenuto lontano i rifugiati. “Negli anni ’90 l’edificio è stato salvaguardato dai militanti di Mkhedrioni [gruppo paramilitare messo fuorilegge nel 1995 e trasformatisi in movimento politico] ”, sottolinea la manager.
Il complesso è stato costruito nel 1948 da prigionieri di guerra tedeschi. I quattro edifici che lo compongono sono distribuiti all’interno di un’area di 16 ettari che contiene di tutto: da piscine in marmo a un auditorium in stile neo-classico. E’ stato ristrutturato nel 2010 e trasformato in un hotel 4 stelle, ciononostante, come il complesso AMRA a Gagra, parti rilevanti del complesso sono rimaste intoccate. E il vantaggio competitivo è un decor “vintage”: mobilia, pavimenti, ringhiere, strumentazioni sono congelate nel tempo, inclusi telefoni e tende. E’ possibile affittare anche la stanza dove si dice abbia dormito il compagno Stalin nel 1951 durante la sua ultima visita alla nativa Georgia.
A poche centinaia di metri di distanza vi sono le uniche terme ancora attive in città. Ve ne erano due di stabilimenti balneari in passato ma l’altro è stato chiuso: per decenni ha ospitato sfollati il cui destino è ora incerto dato che la struttura è stata venduta ad alcuni investitori privati.
Il centro ancora attivo è stato ristrutturato nel 2015 senza che ne venisse alterato il gusto retrò-sovietico degli interni, originari della metà degli anni ’40, quando venne costruito come diramazione di uno stabilimento più grande a Tbilisi. Quest’ultimo, prospera ancora nella capitale georgiana. "Vi sono solo due centri come questi nelle capitali europee, l’altro è a Budapest", afferma con fierezza Nikoloz Saakashvili, direttore del centro di balneazione che sfrutta le sorgenti sulfuree che hanno dato il nome stesso alla capitale della Georgia ("T’bili" in georgiano significa "caldo", Tbilisi letteralmente "luogo caldo"). Come già nel 1932 – quando venne costruito – in questo centro si curano malattie cardiovascolari, problemi di locomozione, problemi alla pelle e disturbi endocrini. Nel 2017 alcuni investitori hanno acquistato lo stabilimento per potenziare la sua offerta.
Qui come a Tskaltubo e Gagra, il sanatorio offre un’architettura decadente e servizi ormai superati ma per vacanzieri come Liliana e Pyotr, immergersi nella pura nostalgia sovietica all’ombra di una flora lussureggiante e terre baciate dal sole può curare il corpo e l’anima.