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Georgia: donne con disabilità, il mancato diritto ad una vita privata
Nonostante gli obblighi internazionali sottoscritti in materia di diritti umani dalla Georgia, le donne con disabilità, quando cercano di esercitare il loro diritto a una vita privata e familiare, subiscono discriminazioni a più livelli. Un’analisi
(Pubblicato originariamente da OC Media il 18 agosto 2022)
In Georgia, lo stigma sociale legato alla disabilità si combina in modo lacerante con gli atteggiamenti patriarcali che permeano il paese. L’ignoranza, aggravata dalla mancanza di servizi di supporto per aiutare le donne con disabilità a vivere in modo indipendente, fa sì che molte donne possano solo sognare di avere una vita privata.
Le donne con disabilità devono essere libere da violenza, discriminazione, abusi e molestie. Devono avere il diritto di decidere dove e con chi vivere. Devono essere libere da qualsiasi interferenza e sorveglianza della loro corrispondenza, del loro spazio vitale e dei loro effetti personali, anche quando risiedono in un istituto.
Si deve rispettare la loro reputazione ed informazioni personali, mediche e relative ad eventuali cure a cui sono sottoposte devono essere mantenute riservate.
Le donne con disabilità hanno inoltre il diritto di conservare la loro fertilità fin dall’infanzia, il che significa divieto di aborto forzato o non informato, di sterilizzazione, di contraccezione o uso di farmaci per la soppressione della loro sessualità.
Gli stati devono assumersi l’obbligo di assistere le donne con disabilità nella genitorialità.
Questi sono tutti obblighi che la Georgia ha assunto in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Ciò non implica solo che il governo sia obbligato a non violare questi diritti o a proteggere le persone da violazioni da parte di altri, ma anche a creare in modo proattivo programmi e servizi necessari alle donne per garantire questi diritti.
Sono obblighi ottimi sulla carta, ma ciò che è più importante è che tutte le ratifiche di convenzioni, le modifiche di normative statali e la presentazione di relazioni che la Georgia ha intrapreso abbiano un effettivo impatto e influiscano sulla vita quotidiana delle donne con disabilità.
La verità però è che per molte donne con disabilità la realizzazione del loro diritto a una vita privata rimane pressoché impossibile.
Il diritto ad un appuntamento
Le donne con disabilità che vivono in comunità devono affrontare sfide dentro e fuori casa.
Dalle interviste con loro emerge che vengono private del diritto a creare una propria famiglia a causa della mancanza di servizi di supporto, della mancanza di indipendenza fisica e finanziaria, dello stigma, degli stereotipi e della discriminazione, nonché degli atteggiamenti patriarcali nelle loro famiglie e nella società in generale.
Molte donne con disabilità sottolineano che, a causa della loro dipendenza dalla famiglia, non sono in grado di incontrare e frequentare potenziali partner o avere relazioni sessuali sane, per non parlare del matrimonio. I membri della famiglia spesso non permettono alle donne e alle ragazze con disabilità nemmeno di uscire all’aperto, per paura di abusi sessuali o anche della nascita di una relazione consensuale.
Ciò può essere motivato dalla paura di una gravidanza, che le famiglie potrebbero non volere a causa della loro difficile situazione socio-economica e della necessità di sostenere l’educazione di un nuovo bambino. C’è anche una paura diffusa dell’ingresso in famiglia di un’altra persona con disabilità.
La paura che avvengano relazioni anche consensuali può derivare dalla possibilità che le donne con disabilità vengano ingannate o "usate", ma anche da tabù religiosi sulle relazioni sessuali al di fuori del matrimonio e dalla visione della donna come proprietà della famiglia che deve essere protetta dall’essere presa da altri a meno che la famiglia non approvi.
Mentre le donne senza disabilità hanno la possibilità di ribellarsi a queste visioni patriarcali e di raggiungere la propria indipendenza, questo compito è molto più impegnativo per le donne con disabilità che, in assenza di servizi di supporto adeguati, sono molto più dipendenti dalla famiglia in ogni aspetto della loro vita.
Un esperto del settore, ad esempio, ha riportato il caso di un padre che ha incatenato la figlia adulta a un letto per un mese per impedirle di avvicinarsi a qualsiasi uomo.
Spesso sono i farmaci a venir utilizzati per sopprimere i desideri sessuali delle donne con disabilità, senza che queste ne siano consapevoli o abbiano dato il loro consenso.
Lo squilibrio di potere creato dalla disabilità e la mancanza di servizi di supporto che potrebbero alleviare tale squilibrio rafforzano queste vecchie concezioni patriarcali, consentendo un controllo quasi totale su queste donne.
Stigma e ignoranza
Lo stigma gioca un ruolo significativo nel plasmare il comportamento delle famiglie delle persone con disabilità e della società in generale. Secondo un rapporto del 2020 del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, più della metà della popolazione in Georgia ritiene che le persone con disabilità intellettive o problemi psicosociali non dovrebbero avere il diritto di avere figli; il rapporto ha rilevato che una percentuale significativa pensa lo stesso delle persone con disabilità fisiche e sensoriali.
Questo stigma porta anche a un altro grande problema: l’ignoranza. Alle donne con disabilità mancano le conoscenze di base sulla salute e sui propri diritti sessuali e riproduttivi. Ciò è dovuto in primo luogo ai tabù e agli atteggiamenti negativi della società nei confronti della sessualità, soprattutto quella femminile.
Tuttavia, mancano anche informazioni in formati accessibili per le persone con disabilità sensoriali, come persone cieche o sorde, e per persone con disabilità intellettive. Mancano anche informazioni adatte alle esigenze specifiche, ad esempio, di persone con disabilità fisiche.
La maggior parte delle donne con disabilità intervistate nell’ambito di un’indagine condotta da Hera #21 nel 2020 ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna educazione sessuale a scuola. Inoltre, spesso non hanno avuto la possibilità di discutere della loro salute sessuale e riproduttiva con i medici, che tra l’altro non rispettano gli standard di riservatezza.
È una pratica diffusa che gli operatori sanitari non chiedano alle persone che accompagnano i disabili di uscire dalla stanza durante le consultazioni o anche durante i controlli medici.
Inoltre, le informazioni relative alla salute, come le diagnosi, le prescrizioni di farmaci, la necessità di ulteriori visite o esami di laboratorio, vengono per lo più comunicate all’accompagnatore o in sua presenza, non direttamente al paziente con disabilità.
“I medici non mi parlano della salute dei miei figli. Preferiscono parlare con mio marito", ha dichiarato pubblicamente una madre con cecità.
Privacy inesistente negli istituti
Per le donne con disabilità che vivono in strutture residenziali specializzate o in ospedali psichiatrici, la situazione può essere ancora peggiore. Le persone costrette a letto sono spesso private di qualsiasi privacy o spazio personale. Per esempio, secondo gli standard, negli ospedali psichiatrici la distanza tra i letti non dovrebbe essere inferiore a 1 metro. In realtà, in molti ospedali della Georgia, è di pochi centimetri. Non ci sono schermi o pareti tra i letti, quindi le persone giacciono in piena vista l’una dell’altra.
Le porte delle strutture psichiatriche non possono essere chiuse a chiave, comprese quelle dei bagni e delle toilette, il che significa che chiunque può entrare in questi spazi mentre sono in uso. Questo può essere particolarmente stressante per le donne in strutture miste.
All’estremo opposto, in alcuni istituti è vietato parlare tra uomini e donne. Vengono persino assegnati loro spazi separati per camminare nei cortili, per impedire qualsiasi comunicazione tra i sessi.
Per assurdo, questo avviene soprattutto per pazienti lungodegenti e per persone in istituti di accoglienza che ospitano per lo più ultracinquantenni, il che rende irrealistico il timore di una gravidanza. Queste istituzioni apparentemente vogliono evitare qualsiasi possibilità di abuso sessuale, ma attraverso una separazione completa, ivi compreso il divieto di comunicazione anche verbale tra uomini e donne.
In molti casi, questi uomini e donne rimarranno probabilmente istituzionalizzati per tutta la vita, il che significa che non avranno mai alcuna possibilità di comunicare con l’altro sesso.
Discriminazione a più livelli
Quanto descritto sopra dimostra che gli obblighi internazionali in materia di diritti umani assunti dalla Georgia sono ben lungi dall’essere rispettati.
Le donne con disabilità, quando cercano di esercitare il loro diritto a una vita privata e familiare, subiscono discriminazioni a più livelli, basate sul sesso, l’età, la disabilità e altre caratteristiche.
Durante la stesura di questo articolo, si è cercato di reperire dati pubblici sui tassi di adozione e sull’utilizzo dei servizi di fecondazione in vitro e maternità surrogata da parte di donne con disabilità. Il fatto che non ci sia stata alcuna risposta da parte delle autorità dimostra ancora una volta la portata del problema.
Ci sono diversi passi che potrebbero essere fatti fin da ora per proteggere e soddisfare i diritti delle donne con disabilità a una vita privata e familiare. Tra questi, l’introduzione a scuola di un’educazione sessuale sensibile alla disabilità, accessibile e inclusiva.
Inoltre la deistituzionalizzazione dovrebbe avvenire con lo sviluppo di servizi alternativi di vita indipendente basati sulla comunità, sistemi di sostegno e reti di appoggio.
Moduli di studio sui diritti delle persone con disabilità, sui diritti dei pazienti, sul galateo della comunicazione e sugli standard di riservatezza dovrebbero diventare parte obbligatoria e imprescindibile della formazione medica, sia all’università che come componente dell’apprendimento permanente.
Finché non verranno adottati questi ed altri provvedimenti, in Georgia molte donne con disabilità continueranno a essere private del diritto a una vita privata e familiare che la maggior parte della società dà per scontata.