Drago Jančar: l’amore ha bisogno di riposo
I solchi insuperabili scavati dalla guerra, confini che divengono crudeli e devastanti spartiacque all’insegna dell’odio. È in libreria “E l’amore anche ha bisogno di riposo”, romanzo di Drago Jančar edito da La nave di Teseo
Le zone di frontiera vivono una realtà spesso suscettibile di conflitti, dei quali le prime a pagare sono le popolazioni locali. Lo racconta molto bene uno tra i più grandi scrittori sloveni, Drago Jančar, nel suo romanzo “E l’amore anche ha bisogno di riposo”, edito da La nave di Teseo, nella traduzione di Darja Betocchi.
Il romanzo è ambientato negli anni della Seconda guerra mondiale, precisamente nel 1944, quando i tedeschi occuparono la città slovena di Maribor, sul fiume Drava, al confine con l’Austria e dalla allora forte presenza austriaca autoctona – oggi ridotta al lumicino – annettendola al Terzo Reich. Da quel momento la città assunse il nome tedesco di Marburg an der Drau, così come, a cambiare nome, furono tutte le vie, per cui la Slovenska ulica diventò sotto il Terzo Reich la Burggasse, mentre la Tyrševa si trasformò in Herrengasse. Ho citato queste due vie perché è da queste parti, al cospetto dell’Hotel Orel, con i tedeschi diventato Hotel Adler, che ha inizio la storia che Drago Jančar dipana nel suo romanzo e che ben mette in rilievo lo sconvolgimento portato da un’occupazione irrispettosa della convivenza pacifica delle popolazioni locali, dando spazio al nazionalismo della parte vincente, in questo caso e in quell’epoca, quello tedesco.
Cosa succede dalle parti della Burgasse ex Slovenska ulica? Succede che una ragazza slovena, Sonja, mentre è a colloquio con la sua migliore amica, vede passare a pochi passi da lei un membro del corpo speciale delle Schutzstaffel. In lui riconosce un giovane, Ludek, con il quale alcuni anni prima, in tempo di pace, aveva trascorso delle vacanze sulla neve, sciando insieme, ed anzi, una volta in cui lei era caduta, lui l’aveva aiutata ad alzarsi. A quel punto pensa di raggiungerlo per chiedergli un favore di cui aveva bisogno, lo insegue e, col fiatone, lo chiama “Ludek”. Lo SS, fermatosi, vedendo la giovane, non pare riconoscerla. Ma Sonja, incredula, insiste, e solo dopo aver chiarito le circostanze del loro lontano incontro, legato anche alla figura del padre di lei, il medico Anton Belak, lo SS, pur mantenendo un certo distacco, le conferma, sì, di essere lui quel Ludek, ma precisando “E non sono Ludek. Mi chiamo Ludwig” (“Ludek, ora è Ludwig, è sempre stato Ludwig, erano gli altri a chiamarlo con quello stupido diminutivo slavo”). Sonja avanza la sua richiesta, ma prima ancora che lei entri nel merito, lui le precisa. “Se è una faccenda ufficiale, venite nel mio ufficio”. Ma lei, anche perché è bella, insiste ancora, riuscendo ad avere un appuntamento informale in un caffè, per il giorno dopo, dove lei gli dirà ciò che le preme: il suo fidanzato, Valentin Gorjan, arrestato perché sospettato di attività sovversiva, è finito in una prigione tedesca ed è in attesa di essere fucilato. Può lui fare qualcosa per impedirlo e farlo liberare? Tanto più, è certa Sonja, che si tratta di un []e, che lui è innocente. Ludek, ora Ludwig, lascia intendere che lo farà, ma fa anche capire a Sonja, minacciandola larvatamente, che pure lei dovrà fare qualcosa per lui: cioè, concederglisi. E, infatti, per la salvezza del suo Valentin, andrà a casa dello SS, il quale, però, di fronte alla freddezza della giovane, al ghiaccio del suo corpo nudo, non riuscirà a dare sfogo alla sua virilità.
Ed è da quel momento in poi che la vita di Sonja assume una triste, tragica, piega.
Valentin viene liberato e fugge nei boschi per riunirsi ai partigiani, i quali però, sorpresi della sua liberazione dopo tanta condanna, prendono a diffidare di lui. Il giovane, da parte sua, sente invece crescere dentro di sé il forte sospetto che Sonja abbia barattato la sua libertà tradendolo, e la allontana da sé. E, questo, prima ancora che la giovane, rea di aver umiliato Ludwig, si veda arrestata per finire in un campo di concentramento, dove sarà obbligata a prostituirsi agli ufficiali tedeschi…
Passeranno mesi, durante i quali il destino dei tre protagonisti della storia, Sonja, Valentin e Ludwig, torneranno, magistralmente, a intrecciarsi nelle pagine dell’intenso romanzo di Drago Jančar, facendoli assurgere a simboli tragici di una guerra assurda tra esseri umani, tutti appartenenti alla stessa città e terra, ma divisi dalla follia che fa della frontiera non un punto di congiunzione e integrazione tra diversi, ma un crudele, devastante, spartiacque all’insegna dell’odio.