Diritti umani nei Balcani: il Rapporto annuale di Amnesty

E’ uscito oggi il Rapporto annuale 2002 di Amnesty International, con schede specifiche su ogni paese dei Balcani. Complessivamente la situazione migliora, ma ci sono ancora molti punti critici.

29/05/2002, Redazione -

"Come tutte le vittime di crimini violenti, violazioni dei diritti umani e abusi, le sofferenze delle vittime, dei sopravvissuti e dei parenti dei defunti pretendono compassione e giustizia. Vi esortiamo a guidare il vostro governo in modo che prenda tutte le precauzioni necessarie al rispetto dei diritti umani nella sua ricerca di giustizia, piuttosto che di vendetta, per le vittime di questo orribile crimine."
E’ con questa citazione da una lettera che Irene Khan, Segretaria generale di AI, ha inviato al Presidente George W. Bush all’indomani dell’11 settembre che viene introdotto il rapporto annuale 2002 di Amnesty International, reso pubblico oggi.
Rapporto che riassume le denunce, i timori e le raccomandazioni riguardanti i diritti umani espressi dall’organizzazione nel 2001 in 152 paesi. Tra questi anche tutti gli stati dei Balcani. Ne presentiamo un breve quadro d’insieme.
Il quadro delineato dagli esperti di Amnesty International è preoccupante. Certo che il rispetto dei diritti umani è strettamente legato anche alle vicende che un Paese sta attraversando. E’ per questo che il quadro più drammatico emerge nella descrizione della situazione nel 2001 in Macedonia ed in Kossovo. La prima colpita duramente dalla crisi della primavera-estate 2001 durante la quale numerosi sono stati gli scontri tra guerriglia albanese e forze di sicurezza macedoni. Il secondo non ancora uscito dall’emergenza della guerra.
In Macedonia AI denuncia appunto un "deteriorarsi dello stato dei diritti umani per l’intensificarsi degli scontri tra le forze di sicurezza macedoni ed i gruppi armati di origine albanese…da entrambe le parti si denunciano uccisioni illegali. Si sono moltiplicate le segnalazioni di presunti casi di torture e maltrattamenti da parte della polizia. Inoltre sono stati segnalati maltrattamenti e rapimenti da parte di gruppi di origine sia albanese che macedone. Durante l’anno più di 17.000 persone sono state costrette ad allontanarsi dalla propria casa e molti di loro non sono più potuti tornare…".
Nel confinante Kossovo Amnesty International denuncia l’incapacità di UNMIK e KFOR di "proteggere né promuovere il rispetto dei diritti umani … la Forza di polizia civile internazionale non è stata addestrata in modo adeguato e le risorse messe a sua disposizione si sono presto rivelate insufficienti per l’apertura di pratiche processuali …". Per quanto poi riguarda le minoranze nel rapporto si legge come "episodi di violenza contro serbi, rom, musulmani ed altre minoranze etniche sono rimasti estremamente frequenti e solo pochi fra i colpevoli sono stati consegnati alla giustizia".
In Federazione Jugoslava (ora Unione tra Serbia e Montenegro) vengono notati notevoli passi avanti " nell’affrontare i problemi irrisolti del rispetto dei diritti umani" ma d’altro canto viene evidenziato anche che "i progressi fatti intermini di riforma dell’esercito, della polizia, e del sistema giudiziario sono stai minimi". Viene denunciata soprattutto l’impunità che ancora vige per i crimini di guerra.
Posizione simile, anche se meno critica, Amnesty sembra averla nei confronti della Croazia dove si notano progressi significativi (ad esempio per quanto riguarda la collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja) ma non si può non tener conto che "il ritorno della popolazione serba continua a essere turbato da leggi discriminatorie e ostruzionismo politico. Non sono state indagate prontamente ed in modo esaustivo le denunce di maltrattamenti di detenuti da parte di agenti dell’ordine". Interessante anche notare come nel rapporto si faccia riferimento ai processi che si stanno svolgendo in Croazia contro cittadini accusati di crimini di guerra "…le precedenti assoluzioni sono state annullate dalla Corte suprema. Tuttavia i processi proseguono lentamente ed il sistema di giustizia penale resta scarsamente equipaggiato per indagare e perseguire casi delicati in modo imparziale ed esaustivo".
In Bosnia le pagine del rapporto di Amnesty si soffermano in particolare sul processo di rientro dei rifugiati e degli sfollati e se da una parte "è aumentato il numero dei rifugiati e degli sfollati che sono tornati nelle loro città di origine", non si può non sottolineare come "molte persone che erano ritornate non sono potute rimanere perché correvano pericoli per la propria incolumità fisica ed erano discriminate nell’accesso al lavoro, all’educazione e all’assistenza sociale". Gli esperti di Amnesty notano anche come " l’attività di indagine e di perseguimento dei crimini di guerra e delle altre violazioni dei diritti umani da parte dei tribunali nazionali è stata scarsa ed incerta". Criticata anche la SFOR (contingente internazionale) che avrebbe "ostacolato il ritorno di parecchie centinaia di serbo-bosniaci usando terreni e proprietà pubblici e privati come fascia di sicurezza vicino a Glamoc, in Federazione. Non è stato chiarito su quali basi legali la SFOR abbia occupato tali terreni …".
In Albania, ma questo è stato evidenziato anche per Bulgaria e Romania, i detenuti, compresi i minorenni, continuano spesso ad essere maltrattati e a volte anche torturati. Amnesty inoltre individua nel crimine organizzato, "coinvolto nel traffico di droga, donne e bambini ed emigranti verso i Paesi dell’Unione Europea", il maggior problema del paese, nonostante le misure prese per combatterlo.
Nel rapporto di Amnesty nulla si scrive sulla Slovenia. Numerose le pagine invece sull’Italia, in particolare sui tragici fatti di Genova.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta