Croazia, sopravvivere al turismo

Da sempre considerato come un’importante risorsa economica, oggi il turismo di massa rischia di creare gravi squilibri. Per farvi fronte in Croazia qualcuno ha iniziato a pensare di "Procedere con cautela"

16/05/2019, Giovanni Vale - Zagabria

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Il centro storico di Sebenico (foto di fokke baarssen/shutterstock )

Come convivere con un numero crescente di turisti? Come trarne beneficio senza esasperare la popolazione locale? E come gestire i flussi di visitatori senza distruggere l’ambiente? Dal 2 al 5 maggio, una cinquantina di architetti, urbanisti, sociologi ed altri studiosi provenienti da dieci paesi si sono riuniti a Sebenico (Šibenik) in occasione della prima conferenza scientifica in Croazia sul tema del turismo di massa e delle sue conseguenze.

Organizzata dallo studio di architettura zagabrese Juračić Skorup, dall’agenzia di interpretazione e gestione del turismo culturale Muze e dall’agenzia di comunicazione IMC, la conferenza «Vivere con il turismo. Procedere con cautela » («Living with tourism. Proceed with care») ha riunito nella cittadina dalmata i rappresentanti di diverse università del Mediterraneo, tra le quali gli istituti di Zagabria, Lubiana, Barcellona, Istanbul, Gerusalemme o ancora lo IUAV di Venezia.

"L’idea della conferenza è nata nell’estate del 2017, quando abbiamo assistito ad un’ondata di proteste contro i turisti a Barcellona, Venezia e Dubrovnik. La rabbia diffusa degli abitanti ci ha fatto pensare che è tempo di agire e di fare in modo che le autorità pubbliche si rendano conto di quello che sta succedendo", spiega l’architetta croata Jelena Skorup, tra gli organizzatori dell’evento.

La kermesse di Sebenico aveva dunque come obiettivo quello di discutere, durante tre giorni di dibattiti e presentazioni, i lavori di ricerca più recenti realizzati da professori e dottorandi su diversi aspetti del turismo di massa (e con particolare attenzione allo spazio mediterraneo) e, infine, di trasmetterne i risultati alle autorità locali, alcune delle quali hanno peraltro patrocinato l’evento (il ministero del Turismo, la città di Sebenico, l’ufficio della Capo di Stato e la Commissione croata all’UNESCO).

"Vogliamo suonare un campanello d’allarme", riassume Jelena Skorup, che con «Proceed with care» ha voluto "invitare le autorità pubbliche a gestire meglio le opportunità e i rischi del turismo".

Durante la conferenza di Sebenico (foto ©  Proceed with care)

Durante la conferenza di Sebenico (foto © Proceed with care)

Troppi turisti?

In Croazia, ed in particolare in Dalmazia, i rischi legati al turismo di massa sono ben noti. Questo paese di appena 4 milioni di abitanti ha accolto nel 2018 quasi 20 milioni di visitatori, la maggior parte dei quali (tre quarti circa) hanno scelto il litorale (Istria e Dalmazia) e lo hanno fatto perlopiù durante la stagione estiva. Lo squilibrio è evidente, quasi quanto lo è la ricchezza generata dal turismo, ma nei discorsi ufficiali, la «cautela» è spesso assente, sopraffatta dai toni entusiastici.

A Sebenico, le autorità sono intervenute per dare il via ai lavori della conferenza. Il sindaco di Sebenico Željko Burić e il Segretario di Stato al Turismo Tonči Glavina hanno preso parte alla cerimonia di apertura, ma entrambi hanno tenuto un discorso celebrante «i successi» registrati finora in Croazia. In poche parole: il numero di pernottamenti e di visitatori aumentano di anno in anno, così come il reddito complessivo che il paese trae da questo settore.

Si tratta di un trend positivo che va avanti ininterrottamente da quando la guerra è finita in Croazia (1995), e che è stato favorito, più di recente, anche dall’ingresso del paese nell’Unione europea e dall’instabilità politica scoppiata in altre località concorrenti nel Mediterraneo (Nord Africa in primis). Un innegabile punto di forza della Croazia, dunque, ma che spesso si preferisce non analizzare nel dettaglio.

"Le autorità croate si tappano gli occhi, non vedono l’estensione del problema", commenta Jelena Skorup. Che cosa non vedono? Durante la tre giorni di dibattiti, diverse criticità sono state messe in luce. Innanzitutto, le questioni più evidenti. Sulla costa dalmata si riflettono gli stessi problemi che già colpiscono Venezia, Barcellona e altre località molto turistiche.

L’aumento del prezzo degli affitti, accentuato anche dal diffondersi di Airbnb, e il moltiplicarsi delle attività a fini turistici a scapito di altre stanno provocando il progressivo “svuotamento” dei centri storici, che perdono la loro popolazione locale. In Croazia, la stari grad Dubrovnik ne è l’esempio più noto, ma lo stesso fenomeno colpisce anche Trogir e Spalato. In alcuni casi, l’Unesco ha già avvertito governo e comuni che troppi turisti mettono a rischio la tutela stessa dell’area iscritta al patrimonio dell’umanità.

L’”appartamentizzazione” ha poi delle conseguenze ancora più insidiose sull’economia di città e regioni che si convertono interamente al turismo. La prof. Anica Čuka dell’università di Zara ha ad esempio notato che sulle cinque isole croate collegate alla terraferma da un ponte (Veglia, Puntadura, Pago, Bua, Morter), le quali ricevono peraltro la metà dei visitatori che scelgono di soggiornare su un’isola croata, "mentre la popolazione continua a ridursi lentamente, gli appartamenti ad uso turistico vivono un boom".

A livello nazionale, si stima invece che un quinto o addirittura un quarto del prodotto interno lordo croato dipenda direttamente dal turismo (a seconda che si considerino i dati del ministero competente o quelli del World Travel and Tourism Council), è il rapporto più alto in Europa. Il settore è dunque una fonte di ricchezza notevole, ma anche un fattore di importanti squilibri e alle aree colpite dall’«overtourism» (o turismo eccessivo) corrispondono nell’entroterra quelle afflitte da un «undertourism» e dimenticate dalle autorità pubbliche.

Turismo buono, turismo cattivo

Risolvere questo nodo s’impone allora non solo come modo per alleggerire la costa da una pressione eccessiva ma anche come volano di sviluppo per aree oggi colpite da povertà e emigrazione. Ma come procedere? Gli esempi positivi non mancano, come quello di Lubiana, che ha visto i visitatori salire da 450mila nel 2014 a 840mila nel 2017, ma ha saputo restare una città vivibile per i suoi cittadini. "Gli spazi verdi coprono il 70% della superficie urbana, mentre le aree pedonali e la rete dei trasporti pubblici sono state ampliate notevolmente negli ultimi anni", spiega la professoressa Alma Zavodnik Lamovšek dell’università di Lubiana.

La stessa Sebenico ha saputo sfruttare positivamente il turismo per riuscire la sua trasformazione da città industriale a post-industriale. "Dal 2013 al 2018, mentre il numero dei turisti aumentava del 29%, la disoccupazione è scesa del 47% e il numero delle piccole imprese è salito del 16%", afferma il professore Ante Golem dell’università di Zara. Le strutture militari difensive della città sono state ristrutturate (come la panoramica San Michele, oggi teatro all’aperto) o sono in corso di rinnovamento e il comune ha creato un ente pubblico incaricato della programmazione culturale dei nuovi spazi: la Fortezza della Cultura (Tvrđava Kulture).

In generale, quello che gli esperti riuniti a Sebenico hanno messo in evidenza è che la pianificazione è alla base di uno sviluppo coerente ed equilibrato e di una coabitazione riuscita con il turismo. "Non si può pensare solo alla prossima stagione estiva, bisogna guardare più in là", spiega Jelena Skorup. Alla pianificazione, deve seguire poi la consapevolezza che i flussi turistici possono trasformare pesantemente (e in fretta) il tessuto urbano. Per questo, è necessario sostenere la popolazione locale presente nelle località turistiche, intervenendo a favore della sopravvivenza di attività non destinate esclusivamente ai turisti. Al tempo stesso, i flussi di visitatori vanno orientati anche verso quelle aree oggi sconosciute ai più, in modo da ridistribuire la ricchezza portata dai turisti. Infine, sviluppare il turismo culturale, o comunque delle attività turistiche più rispettose dell’ambiente e delle popolazioni locali, permette di alleggerire la pressione su quelle aree e quelle popolazioni che convivono con il turismo.

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