Cipro, dalla pax calcistica a quella politica?
Separati dal 1955, le federazioni calcistiche turca e greca di Cipro hanno iniziato a riallacciare i nodi e porre fine alle annose divisioni. Ora giocatori greco-ciprioti giocano, non privi difficoltà, in squadre turco-cipriote. Che la pax calcistica sfoci anche in quella politica?
E se a far crollare l’ultimo muro d’Europa non fosse la diplomazia, ma un pallone? Il miracolo potrebbe accadere nella piccola Cipro, l’isola del Mediterraneo orientale da più di mezzo secolo divisa da tra greci e turchi. Un piccolo lembo di terra sospeso nel Mediterraneo, tra Europa e Asia, e tagliato in due dalla linea verde tracciata dagli ex colonizzatori inglesi nel lontano ’64.
Da una parte ci sono i turchi, dall’altra i greci. A nord la Repubblica turca di Cipro, riconosciuta solo dalla madrepatria Ankara, a sud quella greca, titolare de iure dell’intera isola e dal 2004 membro pieno titolo dell’Unione europea. Il conflitto tra le due parti è antico, e finora insanabile. L’ultima iniziativa concreta di riunificazione risale al 2004, quando il piano promosso dalle Nazioni Unite fu bocciato in massa dai greco-ciprioti in un referendum. Qualcosa però adesso si muove. E dove ha fallito la politica e la diplomazia, sembra poter arrivare il calcio.
A far bene sperare sono i tentativi compiuti nel corso dell’ultimo anno dalle due federazioni calcistiche dell’isola per metter fine a una divisione che – anche nel pallone – va avanti da oltre mezzo secolo. L’evento chiave è avvenuto quasi un anno fa, a novembre, nella sede FIFA di Zurigo, alla presenza del presidente del massimo organismo calcistico Sepp Blatter e di quello Uefa Michel Platini. E’ in quell’occasione che il greco cipriota Costakis Koutsokoumnis, presidente della Federcalcio cipriota (Cfa), e il suo omologo turco cipriota Hasan Sertoglu, presidente dalla Federcalcio turco-cipriota (Kıbrıs Türk Futbol Federasyonu, Ktff), hanno raggiunto lo storico "accordo provvisorio" per riunire il calcio dell’isola.
L’intesa prevede la fine dell’esclusione dei club turco-ciprioti dalle competizioni internazionali. Così come quella della nazionale della parte Nord, che ha giocato la sua prima gara solo nel 1962, contro la Turchia, e grazie a un permesso speciale concesso dalla Fifa. Vengono meno anche le restrizioni imposte ai calciatori turco-ciprioti, che d’ora in avanti potrebbero essere convocati nella nazionale della Repubblica di Cipro, mentre i grecociprioti saranno liberi di giocare per i club della parte turca.
Cipro come esempio
Subito dopo l’intesa di Zurigo è arrivato il primo atteso segnale, il via libera all’intesa firmato, all’unanimità, dai 42 club della parte turca di Cipro. E incoraggianti sono state anche le parole pronunciate alla vigilia dei recenti Mondiali brasiliani dal boss della FIFA Blatter, che ha preso a esempio proprio Cipro per la risoluzione di simili situazioni critiche che dal mondo della politica sono sfociate in ambito sportivo. “Siamo orgogliosi di quello che sta accadendo a Cipro e dell’accordo raggiunto – ha dichiarato il boss FIFA davanti ai delegati riuniti a San Paolo per il 64esimo congresso dell’organizzazione – Cipro è un paese diviso e attraverso il calcio si stanno compiendo dei passi avanti”.
A questo punto, non resta che convincere una volta per tutte le popolazioni interessate, che anche in campo calcistico appaiono tutt’altro che propense a cedere terreno.
Lo dimostra la vicenda di Dimitris Vassiliou, il primo calciatore greco cipriota a firmare, un mese fa, per un club della zona turca in oltre mezzo secolo. Subito dopo lo storico annuncio, Vassiliou ha subito critiche pubbliche e ricevuto minacce di morte. Nel frattempo ha perso il posto da allenatore delle giovanili della squadra del suo paese, l’Omonoia Aradippou, e rischia il licenziamento dall’azienda di energia elettrica presso cui è impiegato.
Dalla pax calcistica a quella politica?
Ciò nonostante, la breccia nel muro (è il caso di dirlo) è stata aperta. Dopo Vassiliou un altro calciatore greco-cipriota, Argiris Christofi, ha deciso di andare a giocare in una squadra della Repubblica turca del Nord. “E la mia vita e faccio ciò che voglio. E credo che il calcio abbia il potere di portare la pace nel mondo”, ha dichiarato lo steso Christofi al giornale turco-cipriota Yeni Duzen.
Che poi davvero dalla pax calcistica si passi a quella politica non è affatto scontato. Entrambe le parti hanno sottolineato che la riunificazione, al momento, è solo sportiva e non ha a che fare con la politica. I risvolti extra-calcistici dell’iniziativa sono tuttavia evidenti. Del resto il calcio a Cipro ha sempre fatto la sua parte. Anzi, a dirla tutta, in passato si è sostituito alla politica, anticipandola.
Nel calcio turchi e greci di Cipro sono separati dal 1955, quando le crescenti tensioni tra le due parti spinsero i turco-ciprioti a creare una propria federazione, la Ktff appunto, e un proprio campionato, con tutte le conseguenze del caso.
La divisione politica è invece arrivata solo dopo. Al 1960 risale l’indipendenza cipriota dalla Gran Bretagna, e al 1974 (quasi venti anni più tardi) il tentativo di colpo di stato promosso dai militari al potere in Grecia, l’invasione del nord da parte delle truppe della Turchia a difesa della comunità turca e, ultima, la divisione di fatto dell’isola.
A Cipro, insomma, la guerra (e la pace) si fanno prima sul campo di calcio e solo dopo nei palazzi della diplomazia. Che sia così anche questa volta?