Bulgaria, la rivoluzione può aspettare
Il sistema politico bulgaro da mesi è in una situazione di stallo e dopo il decennale dominio di Boyko Borisov fatica a delinearsi un nuovo assetto politico. Dopo le politiche dello scorso aprile e dello scorso luglio la Bulgaria potrebbe apprestarsi alla terza chiamata alle urne
Cittadini per uno sviluppo europeo della Bulgaria (GERB) il partito dell’ex-premier Boyko Borisov sarebbe oggi nuovamente la prima forza nel paese, mentre “C’è un popolo così”, il movimento anti-sistema del cantante e showman Slavi Trifonov, uscito vincitore delle ultime elezioni anticipate dell’11 luglio, subirebbe addirittura un crollo in terza posizione.
I dati, provenienti da un recente sondaggio della “Market Links”, fotografano in modo impietoso la situazione di stallo in cui è sprofondato da mesi il sistema politico bulgaro, una sterile transizione dal decennale dominio di Borisov ad un nuovo assetto che fatica a delinearsi all’orizzonte.
La Bulgaria, dopo due tornate elettorali ad aprile e a luglio, si prepara così con tutta probabilità ad una nuova chiamata alle urne, che potrebbe coincidere il prossimo novembre con le programmate elezioni presidenziali: uno scenario che aggiunge incertezza e instabilità proprio mentre la quarta ondata di Covid-19 inizia a prendere forza nel paese UE col minore tasso di vaccinazioni in assoluto.
Protagonista in negativo di questa fase concitata è stato Trifonov, che a luglio era riuscito a portare il suo “C’è un popolo così” alla vittoria elettorale, grazie soprattutto ad un mix di voglia di cambiamento – simboleggiata dalle lunghe proteste di piazza contro Borisov che hanno segnato il 2020 – e di carisma personale, costruito attraverso decenni di presenza costante nelle case degli spettatori bulgari attraverso il suo show televisivo.
Dopo le sabbie mobili in cui è affondato il parlamento uscito dalle elezioni di aprile, in seguito alla vittoria di misura di luglio Trifonov ha deciso di giocare d’anticipo. Ai possibili e necessari alleati – soprattutto i cosiddetti “partiti della protesta”, protagonisti delle manifestazioni anti-Borisov – il leader di “C’è un popolo così” ha imposto un elenco pronto e non negoziabile di ministri, premier compreso, e una lista di obiettivi di governo non priva di elementi fantasiosi, come la proposta di lanciare nello spazio “un astronauta bulgaro insieme ad un astronauta macedone”.
La forzatura non è però piaciuta ai “partiti della protesta”, come Bulgaria democratica – espressione della classe media istruita e cittadina – e il movimento “Alzati Bulgaria! Fuori i mafiosi”, che hanno contestato l’approccio aggressivo e decisionista. E forti resistenze ha provocato anche il nome del premier in pectore, Nikolay Vasilev, politico navigato, già ministro nelle fila del movimento dell’ex re Simeone di Sassonia-Coburgo-Gota e ritenuto troppo vicino allo status-quo.
Bruciata in fretta la carta Vasilev, a fine luglio Trifonov ha effettuato un secondo tentativo, stavolta lanciando come futuribile primo ministro un nome praticamente sconosciuto al grande pubblico: quello del quarantaquattrenne Plamen Nikolov, eletto deputato nelle fila di “C’è un popolo così” e manager di una piccola azienda.
Dopo il politico di lungo corso, l’“uomo nuovo”: neanche il repentino cambio di strategia ha però portato i risultati sperati. Le acque della politica bulgara – sempre agitate – si sono inquinate in fretta: i potenziali partner di “C’è un popolo così” (che nel nuovo parlamento controlla 65 seggi su 240) hanno reagito malamente alla decisione di Trifonov di inserire nelle consultazioni anche il Movimento per le libertà e i diritti (DPS), il partito di riferimento della minoranza turca, considerato l’espressione più deleteria del sistema di potere, accusato di opacità e corruzione.
Come se non bastasse, le prime uscite pubbliche di alcuni dei nuovi candidati ministri si sono trasformate in veri e propri boomerang politici, suscitando malcontento e sollevando ulteriormente il livello di incomprensione con i potenziali alleati.
Nel giro di una settimana, è diventato chiaro che né i “movimenti della protesta”, né il Partito socialista erano disposti ad appoggiare l’esecutivo proposto da Trifonov. Lo showman divenuto leader politico, come sua abitudine, ha reagito attraverso un video pubblicato su Facebook: dopo aver accusato di tradimento i mancati compagni di viaggio, Trifonov ha annunciato per la seconda volta il ritiro del suo governo, aprendo così le porte ad una terza tornata elettorale anticipata nel giro di pochi mesi.
L’incognita di nuove elezioni, almeno sulla carta, potrebbe ancora essere scongiurata. Dopo il passo indietro di Trifonov, seguendo le indicazioni della costituzione, il presidente Rumen Radev ha offerto il mandato alla seconda forza politica, GERB, che però l’ha restituito immediatamente visto il totale isolamento del partito nell’attuale parlamento.
Ora la procedura prevede un ultimo possibile tentativo: Radev ha la possibilità di assegnare ancora un mandato dopo un giro di consultazioni ad ampio spettro. L’unica possibilità per l’attuale parlamento di sopravvivere è però la creazione di una variegata coalizione che metta insieme “C’è un popolo così”, partiti della protesta e socialisti. Trifonov ha più volte affermato che il suo movimento non è disposto a questo tipo di compromesso: se non ci saranno voltafaccia dell’ultim’ora, presto la parola verrà data nuovamente agli elettori.
Difficile, se non impossibile, prevedere oggi che tipo di scenari potrebbe aprire una nuova tornata elettorale. Se gli ultimi sondaggi danno indicazioni valide, la luna di miele di “C’è un popolo così” con gli elettori potrebbe cominciare il suo tramonto ancora prima di essere sbocciata.
Sullo sfondo, riemerge invece la possibilità, irreale nei mesi scorsi, che GERB possa rovesciare nuovamente la situazione e tornare in gioco come “minore dei mali” in un panorama caotico e turbolento, operazione di equilibrismo e scaltrezza politica che Borisov è già riuscito a portare in porto negli anni passati, soprattutto se qualcuna tra le forze meno ostili al partito egemone dell’ultimo decennio dovesse riuscire ad entrare in parlamento, spezzando così il “cordone sanitario” che circonda GERB in quello attuale.
Di fronte ad un nuovo stallo, anche i partiti dell’opposizione potrebbero giustificare come “male necessario” una collaborazione con Borisov, se non altro per riportare “ordine nel caos”, slogan scelto da GERB nell’ultima campagna elettorale.
Alcuni analisti si spingono fino a prefigurare uno scenario in cui – a scendere a patti con Borisov – potrebbe essere proprio Trifonov: uno scenario dal sapore gattopardesco e che oggi sembra relegato nella categoria delle teorie del complotto, ma che illustra lo stato di salute sempre più cagionevole della “piccola rivoluzione bulgara”, che rischia di affondare molto prima di aver attraversato il guado.