Allargamento UE: 7 le centrali nucleari ad est

Da Bruxelles arrivano le regole nucleari per l’Europa allargata; le lacune della legislazione europea in materia di sicurezza nucleare devono essere infatti colmate. Emerge evidente la volontà di tornare al nucleare civile.

22/11/2002, Redazione -

Finora, il nucleare era di competenza essenzialmente degli Stati. Con l’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est, Bruxelles non potrà più non occuparsi di questo soggetto scottante. È per questa ragione che lo scorso 6 novembre la Commissione ha adottato una serie di proposte che vogliono stabilire in Europa delle norme di sicurezza comuni. Un incidente nucleare tipo Chernobyl è possibile nell’Ue? In ogni caso, diventerà un po’ più probabile con l’adesione, nel 2004, dei paesi dell’Europa dell’Est, che porteranno nei loro bagagli 18 reattori di tipo sovietico di cui 2 Rbmk 1500 (centrale d’Ignalina in Lituania), gli stessi che hanno provocato la catastrofe del 1986.
Nel 2007, con l’adesione della Bulgaria e della Romania, nell’Unione ci saranno 24 reattori di tipo sovietico (VVER 440 et VVER 1000) – la centrale situata in Slovenia è di tipo americano (PWR Westinghouse) e il reattore rumeno è canadese (Candu 6) -.Questa prospettiva non è certo piacevole e i Quindici hanno già cominciato a prendere le loro precauzioni: hanno richiesto la chiusura di tre centrali giudicate non modernizzabili (Bohunice in Slovacchia, Ignalina in Lituania, Kozloduy in Bulgaria), la Commissione vuole ancorare questi impegni ai trattati di adesione.

Ma questo non è sufficiente e bisogna poter continuare a sorvegliare le centrali dei paesi dell’ Est. E siccome non è possibile trattare in modo diverso i nuovi Stati membri, la Commissione vuole avere un approccio globale verso i problemi di sicurezza. La Commissione ha dunque deciso di adottare un "pacchetto" che mira ad assicurare un vero controllo comunitario della sicurezza nucleare. Come spiega Loyola de Palacio, la commissaria incaricata all’energia e ai trasporti, "le lacune della legislazione europea in materia di sicurezza nucleare devono essere colmate", dato che il trattato che istituisce "la Comunità europea dell’energia atomica" (detto Euratom) è muto in materia. Concretamente, l’evoluzione delle norme europee di sicurezza terrà conto dei risultati dei lavori dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (Aiea) nel settore delle norme di sicurezza nucleare. Bruxelles terrà conto anche dei risultati dei lavori del Nuclear Regulator’s Working Group (Nrwg), nonché dei lavori della Western European Nuclear Regulators Association (Wenra) in materia di armonizzazione. Inoltre, non sarà la Commissione a eseguire le ispezioni nelle centrali nucleari dei Paesi membri, ma ne affiderà il compito a delle "autorità di sicurezza" indipendenti istituite dai governi.
La Commissione non ha intenzione di sostituirsi ai governi, ma vuole creare una dinamica comunitaria. Dato che le norme sono evolutive, si tratta di far, a termine, convergere le esigenze in Europa. La Commissione, aiutata dagli esperti designati dagli Stati membri controllerà gli ispettori effettuando "le verifiche presso le autorità della sicurezza". E se uno stato membro non assicura la protezione necessaria la Commissione potrà attaccarlo in giustizia. In nome della sicurezza, la Commissione vuole anche essere certa che le aziende avranno, in caso di fallimento, i fondi sufficienti per lo smantellamento delle centrali nucleari, operazione che costa tra i 200 milioni e il miliardo di euro per reattore. L’ideale, secondo la Commissione, sarebbe stato di far gestire questi fondi da degli organismi pubblici indipendenti, come in Italia e in Spagna. Ma propone solo che "i fondi siano costituiti con una personalità giuridica propria, distinta da quella di chi sfrutta l’installazione". Dovranno essere "esclusivamente destinati a coprire i costi" di smantellamento e di gestione dei rifiuti e "saranno gestiti secondo un principio di prudenza". In pratica, essi non dovranno servire a finanziare una politica di acquisizioni rischiosa come ad esempio ha fatto EdF in questi ultimi anni.
Questo cambiamento di regolamentazione, secondo la Commissione, colpirà la Germania i cui "costi di smantellamento sembrano più alti" che altrove e soprattutto la Francia. "Benché EdF abbia recentemente lanciato la creazione di un fondo interno gestito da agenti, quest’ultimo è piccolo e non rispetta certamente gli obblighi creati dalla direttiva", spiega la Commissione che ritiene che EdF avrà bisogno di un periodo di transizione di tre anni. La Commissione è stata attenta a fare la sua proposta nel quadro del trattato Euratom, così, il Parlamento europeo non potrà esprimersi sulla questione. Ma se i governi non vogliono muoversi, potrà attaccarsi alla questione per mezzo della concorrenza e con l’aiuto del Parlamento europeo: quest’ultimo si è già preoccupato che i fondi per lo smantellamento possano falsare la concorrenza e potrebbe, se non ci fossero progressi, ritardare l’adozione della direttiva sulla liberalizzazione dell’elettricità.
Il pacchetto di proposte comprende una seconda direttiva Ue per eliminare le scorie radioattive. Nessuno stato membro ha trovato la soluzione definitiva, anche se la Finlandia e la Svezia prevedono di sotterrarle a grande profondità. La Francia ha riportato qualsiasi decisione al 2006. Quanto ai paesi dell’Est, non si sono praticamente preoccupati del problema essendo abituati a
rispedire il loro combustibile in Russia. Quanto alla Commissione, suggerisce di sotterrarle, perché allo stato attuale delle conoscenze è la tecnica ancora più sicura. Ai Quindici viene chiesto anche di "fissare un calendario per i programmi nazionali di stoccaggio delle scorie radioattive, ed in particolare per l’ammasso in profondità degli scarti ad alta attività". Per queste ultime, la scelta dei siti dovrà essere decisa "al più tardi nel 2008 affinché possano diventare operativi entro il 2018. Per le scorie "a bassa attività e a vita breve" la Commissione Ue propone di realizzare lo stoccaggio al più tardi nel 2013.
Sul fronte delle scorie nucleari, Bruxelles è convinta sia necessario intervenire con una iniezione importante di finanziamenti in favore della ricerca: 90milioni di euro di fondi comunitari vi saranno consacrati sul periodo 2002-2006, ai quali si aggiungono 186 milioni su cinque anni consacrati dal Centro comune per la ricerca (Ccr). In futuro, "la Commissione vuole proporre inoltre al Consiglio la creazione di un fondo comune incaricato di gestire i fondi (apportati dalle aziende, gli Stati membri e il Ccr) e di orientare i programmi di ricerca sulla gestione dei rifiuti". L’obiettivo globale che sembra voglia raggiungere la commissaria all’energia Loyola de Palacio è fare tutto il possibile per rilanciare il nucleare civile in Europa. Infine, l’allargamento verso l’Est e il Sud dell’Europa, sottolinea ancora Bruxelles, ha messo in evidenza "le difficoltà esistenti e mai risolte del commercio dei materiali nucleari con la Federazione Russa". La Russia è un importante fornitore di materiali come l’uranio naturale, e di servizi di arricchimento. La Commissione propone quindi di ottenere dal Consiglio Ue un mandato per negoziare con Mosca un accordo che dovrebbe tenere contro della nuova realtà dell’Europa a 25, degli interessi dei consumatori e dell’industria europea.
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