Ci puoi dire dove attualmente ti trovi?
Attualmente sono in una città nell’Ucraina occidentale, in un luogo organizzato per i rifugiati. Il padrone di casa ha preparato alcuni letti per gli sfollati che fuggono dal conflitto in altre parti dell’Ucraina.
Di dove sei originario?
Sono originario dell’Ucraina orientale, Donetsk. In passato era una bella città, popolata da più di un milione di persone. Vi si viveva bene, era conosciuta per le sue rose, dalla primavera all’autunno sembrava un grande giardino. Era vivace anche dal punto di vista culturale. Lì mi sono laureato in un istituto di lingue straniere dove ho studiato inglese e francese. Quando l’Unione Sovietica è implosa, sono iniziate le difficoltà economiche: c’era una disoccupazione diffusa, povertà e criminalità. Ho deciso di andare a studiare in Europa.
A Kiev lavori per un’organizzazione internazionale, come vi sei arrivato?
Ho studiato sociologia all’Università Centrale Europea di Praga e poi ho continuato i miei studi presso l’American University di Bologna occupandomi di economia internazionale e studi europei. Ho poi continuato la mia formazione negli Stati Uniti, a Washington DC, dove ho conseguito un master ed ho poi iniziato a lavorare in organizzazioni internazionali. Tuttavia, la mia famiglia e i miei amici mi mancavano molto, così ho deciso di tornare in Ucraina e aiutare il mio paese nel suo percorso europeo. Mi sono stabilito a Kiev e ho lavorato a diversi progetti internazionali per contribuire a costruire istituzioni sane e una società civile forte.
Ti attendevi quanto accaduto il 24 febbraio?
Non riesco ancora a credere che l’élite e i governanti della Russia abbiano aggredito l’Ucraina. È stata un’aggressione premeditata e cinica ed ha colto molti di sorpresa, anche me. Fino all’ultimo minuto tutti hanno sperato nella pace. Il regime russo ha il coraggio di uccidere bambini, civili e difensori dell’Ucraina ma non ha il coraggio di ammettere di chiamare quanto sta avvenendo guerra. Tutti i canali mediatici e di comunicazione – non è rimasto quasi nessun media indipendente – sono strettamente istruiti a chiamare questo atroce massacro "operazione speciale".
Del resto la guerra c’era già, nel Donbass. Negli ultimi 8 anni il conflitto ha ininterrottamente mietuto vittime sia tra i civili che tra i militari. Chi vi viveva vicino in qualche modo si è abituato a continuare con la propria vita. Non era uno scenario ottimale, ma non era una guerra su larga scala e la gente si è adattata come poteva.
Da dove ti trovi percepisci vi sia sostegno internazionale contro l’aggressione del regime di Putin?
Sono stupito e ispirato dal sostegno e dall’ammirazione senza precedenti per l’Ucraina che arriva da tutto il mondo, dagli sportivi alle celebrità, dagli influencer dei social media ai cantanti, dagli attivisti dei diritti umani all’ONU (con l’eccezione di pochi paesi e della Russia stessa), e dai cittadini comuni. Penso che quanto sta avvenendo resterà scritto nei libri di storia su come smantellare una grande nazione in una settimana e favorire la nascita (attraverso enorme dolore, morte e inutile spargimento di sangue) di un’altra nazione. Sì, gli ucraini sono un paese grande ed etnicamente eterogeneo con molti problemi – corruzione, oligarchi, povertà, crimine, istituzioni imperfette, sistema giudiziario molto lacunoso – ma la tragedia attuale unisce noi e i nostri amici nell’aspirazione di creare un’Ucraina migliore e più europea.
Nel tuo lavoro hai molti contatti con ambienti internazionali. In questi anni come si è guardato all’Ucraina?
L’Economist negli anni 2000 definì gli ucraini una nazione "sfortunata" per il nostro fallimento nell’eleggere leader che perseguissero l’indipendenza, la costruzione di uno stato sovrano e liberassero il paese dalla corruzione. Restai in parte offeso e in parte stupefatto dall’analisi superficiale di un giornale così rinomato. Ciò che gli analisti dell’Economist non vedevano era la misura in cui la politica ucraina veniva influenzata dalla Russia. L’Ucraina è stata geograficamente, mentalmente e istituzionalmente affiancata e dominata da una nazione che si oppone con veemenza alle società aperte, al rispetto dei diritti umani ed è governata da norme diametralmente opposte a tutti i valori europei. Nel 2014, gli ucraini hanno osato rovesciare un governo "amico" del Cremlino. Questo è stato un atto imperdonabile dal punto di vista del Cremlino. Non importa chi l’ha fatto, nazionalisti di destra, Banderovtsy, studenti o nonnine. Era semplicemente inammissibile.
In questi giorni stai continuando a lavorare? Come si svolge la tua giornata?
Continuo a lavorare nel settore umanitario e dello sviluppo, cercando di riadattarmi alla nuova brutale realtà. I nostri programmi vengono riorientati per rispondere rapidamente ai bisogni delle persone che soffrono a causa della più grande guerra che l’Europa abbia conosciuto dalla Seconda guerra mondiale. Il pieno impatto di questa guerra non è ancora emerso ma vi sono già migliaia di vittime, 2 milioni di rifugiati forzati che si riversano in Europa – secondo le ultime stime dell’ONU – e un danno stimato di 10 miliardi di dollari alle infrastrutture in tutta l’Ucraina orientale e centrale.
Ho aiutato i miei amici e parenti a fuggire dalla guerra a Kiev, guidando 700 km verso ovest per 3 giorni interi. Ora sento il bisogno di creare collegamenti con la società civile e la popolazione in Europa per chiedere assistenza urgente per la popolazione dell’Ucraina di fronte alla più grande catastrofe umanitaria della storia moderna. Sono concentrato nello scrivere articoli, raccogliere storie e rilasciare interviste per spiegare cosa sta succedendo in Ucraina.
Ti sei occupato molto anche di società civile. In questi giorni difficili quale l’appello che rivolgeresti alla società civile europea?
Tempi bui sono scesi sull’Ucraina e sull’Europa. È notevole la rapidità con cui i leader europei hanno cominciato a capire con chi hanno fatto molti affari in comune. Vi sono stati e vi sono contratti d’affari multimiliardari e opportunità lucrative per banche, partiti politici, industrie… schemi lucrativi e corrotti che stavano causando marciume dall’interno delle stesse istituzioni europee e nei valori su cui l’Ue si fonda e cioè democrazia, stato di diritto, rispetto dei diritti umani, sovranità e sicurezza dell’Europa.
In questo momento stiamo assistendo a un rozzo, sanguinoso e insidioso tentativo di ridisegnare i confini dell’Europa. Mentre i leader europei vanno ai summit e battono i gomiti, l’esercito e i missili di Putin stanno già rimodellando la mappa della sicurezza europea. Noi ci stiamo battendo per il diritto ad esistere ma anche per i valori europei fondamentali, i nostri coraggiosi soldati stanno dando la loro vita. È giunto il momento che l’Europa si risvegli rispetto a questa minaccia esistenziale che la leadership russa pone e fornisca un sostegno inequivocabile – finanziariamente, diplomaticamente e militarmente. Tutti gli attori devono unirsi – società civile, politici, istituzioni europee, associazioni e sindacati in tutti i settori per dimostrare la loro ferma condanna dell’aggressione all’Ucraina.
Tutti i nostri approfondimenti nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"