Georgia, un mezzo risultato dopo il Consiglio UE
A differenza di Moldavia e Ucraina, la Georgia al recente Consiglio europeo non ha ottenuto lo status di paese candidato ma solo la prospettiva europea. Le azioni del governo hanno allontanato il paese caucasico dall’UE e alzato il livello di scontro con la presidente Salomè Zourabishvili
La Georgia non ha ricevuto lo status di paese candidato all’UE insieme a Moldavia e Ucraina, con le quali aveva presentato la domanda. È andata come previsto, dato il peggioramento di tutti i parametri di democraticità, nonché i ripetuti e aggressivi attacchi all’UE da parte dei massimi esponenti del movimento Sogno Georgiano, in primis il primo ministro Irakli Garibashvili, e il leader del partito Irakli Kobakhidze.
È una situazione seria. Un anno fa la Presidente Salomè Zourbashvili aveva promosso con grande assertività l’importanza di aver creato un Trio Associato per il percorso europeo insieme a Moldavia e Ucraina nella consapevolezza che raramente l’allargamento europeo riguarda un unico paese, e si tende invece a puntare su un allineamento regionale. La Georgia che vuole l’Europa, e stando ai sondaggi riguarda circa l’85% della popolazione, ha bisogno quindi di prendere le distanze dalla propria regione geografica, perché rischia un forte arretramento delle prospettive europee: a nord la Russia, a sud una Turchia la cui integrazione europea ha subito una forte battuta di arresto, e ad est il Caucaso del Sud, con due paesi – l’Armenia e l’Azerbaijan – con orientamenti di geopolitica molto divergenti e non compatibili con le ambizioni europeiste di breve termine del popolo georgiano.
La candidatura a tre, i tre rivieraschi del Mar Nero, ha permesso alla Georgia di incunearsi in una nuova prospettiva regionale, a buon merito essendo uno dei paesi della preziosa sponda est, e inseguire questo spiraglio di accelerazione per una regione, quella appunto del Mar Nero, che era assolutamente ferma e che invece è passata alla ribalta. Il tutto in una congiuntura positiva nell’ottica delle istituzioni europee: il 2022 si chiuderà con la presidenza della Repubblica Ceca , il 2023 si aprirà con la presidenza svedese, due paesi che sono ben predisposti verso l’allargamento ad est, e verso la Georgia. 2022 e 2023 sono anni da ottimizzare in questo senso, perché poi nel 2024 le istituzioni europee saranno assorbite dalle elezioni all’europarlamento e dal rinnovo della Commissione, per cui l’allargamento potrebbe passare in secondo piano.
Una mezza bocciatura, una mezza promozione
Il primo ministro Irakli Garibashvili, dopo aver minacciato, ricattato, svilito le istituzioni europee e l’opposizione, se n’è uscito con un compiaciuto discorso sull’ottimo risultato di aver ottenuto il riconoscimento della prospettiva europea. Il suo intervento annuale al parlamento mentre si decideva la sorte della candidatura del paese è stato un delirante monologo complottista la cui sintesi è stata, stando alla presidente Zourabishvili: “Siamo i migliori, abbiamo fatto tutto bene, niente è impossibile; facciamo molto meglio di Moldavia e Ucraina, non capiamo perché loro siano considerate meglio di noi, probabilmente perché ci volete in guerra e noi non la vogliamo”. A questo slogan che il Sogno va ripetendo, cioè che l’Europa spinge per trascinare la Georgia in guerra e che gioca su una delle maggiori paure del paese – il ritorno di un’offensiva russa, un nefasto secondo fronte, una seconda Mariupol, come va ripetendo il primo ministro Garibashvili, – la Zourabishvili si è espressa con tutt’altre parole: “Vorrei mandare a Bruxelles un altro messaggio da qui, che quella non è la Georgia, non è la volontà del popolo georgiano. Non so nemmeno cosa sia, se sia un cosa deliberata o non intenzionale… non ho più una risposta per questo”.
Il dubbio sospeso della presidente suona come una mezza accusa di tradimento, nel mezzo di un risultato zoppicante.
Il non dubbio
Non esprime invece mezzi termini né dubbi la società civile. Un’altra grande manifestazione si è tenuta il 24 giugno, dopo quella oceanica del 20 giugno. Non è solo una manifestazione di di sostegno verso il percorso europeo. Dal 20 giugno è nato un manifesto con un piano politico e un movimento che si fa carico di perseguirlo, anche con una scadenza. Per arrivare alla candidatura la Georgia ha ora 6 mesi, durante i quali deve mettere mano ai 12 requisiti indicati dalla Commissione, per cui il tempo nella clessidra ha già cominciato a scorrere. Il 17 giugno è la data da cui partono 180 giorni fondamentali per il paese: o inversione del trend antidemocratico o il 2022 sarà l’anno non nella strada europea – dolorosamente spianata dall’Ucraina e della congiuntura istituzionale – ma l’anno della totale imprevedibilità dopo la pluridecennale agonia della dissoluzione sovietica.
Il movimento conformatosi nella coralità di una piazza decisa e compatta si chiama "Un passo verso l’Europa", e questo passo verrà portato fisicamente nelle città della Georgia, con gli attivisti che da Tbilisi si impegnano a girare il paese e creare consapevolezza e sostegno perché questi sei mesi non replichino i sei mesi appena passati: l’occasione persa di prendere al volo il treno europeo. Il movimento è altresì motivato ad avere una classe dirigente che sia in grado di portare avanti questo progetto e chiede quindi le dimissioni del primo ministro Garibashvili e la creazione di un governo tecnico, o di unità nazionale, intorno a un progetto che non può che essere trasversale alle varie forze politiche e che permetta di superare quella polarizzazione che è uno degli ostacoli indicati dalla Commissione. Prossimo appuntamento con la resa dei conti sugli ultimatum al governo il 4 luglio.
Intanto la presidente Zourabishvili dà un primo segnale che questi sei mesi saranno in trincea: in carica dal 2018 non aveva mai usato il potere di veto, sapendo che la maggioranza del Sogno aveva comunque i numeri per superarlo. Ha ora posto il veto su una legge sulle intercettazioni, duramente criticata da osservatori nazionali e internazionali, che va nella direzione di una ulteriore violazione dei diritti dei cittadini. Ed è stata chiara: niente più leggi in aperta violazione dei diritti umani per il resto dell’anno, su tutte cadrà il veto presidenziale anche se esse potrebbero entrare comunque in vigore, come segnale all’Europa e al governo, che non è quella la direzione per la Georgia.
Intanto a Batumi e a Tbilisi altri due giornalisti della TV di opposizione Pirveli sono stati aggrediti , confermando il trend di violenza contro gli organi di informazione che tanto ha contribuito a questo mezzo risultato , e che conferma che essere riconosciuti come giornalisti nel paese sta passando dall’essere garanzia di sicurezza a causa di aggressione.