Il coraggio di Klodi

"Sono gay". Due parole rivoluzionarie se dette in pubblico in Albania. Protagonista uno dei partecipanti al Grande Fratello albanese. E nel paese si è scatenato un dibattito ai limiti del linciaggio. Nonostante una recente legge approvata dal parlamento per garantire i diritti delle minoranze sessuali

02/04/2010, Marjola Rukaj - Tirana

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Il Grande Fratello in Albania

“Sono gay”. Due parole che nessun omosessuale era mai riuscito a pronunciare pubblicamente in Albania. Scandite davanti agli occhi di tutti e sotto i riflettori della televisione più seguita del paese, Top Channel, da un concorrente del Grande Fratello albanese. Klodian Cela, trentacinquenne originario di Lezha (nel nord del paese) ma da 18 anni residente a Milano, ha rotto in tal modo il ghiaccio, leggendo in pubblico una lettera indirizzata alla madre in cui dichiarava chiaro e tondo, tra lacrime e imbarazzi, il suo segreto inconfessabile. Scalpore, indignazione e un dibattito che stenta a decollare hanno seguito la dichiarazione del giovane che ha inaugurato, a detta degli attivisti della società civile, una nuova fase nella storia dei diritti umani in Albania.

Anche se nata da poco, la comunità LGBT inizia a essere sempre più presente nei media e nella sfera pubblica del paese balcanico. Lo scorso febbraio il parlamento ha approvato senza alcun dibattito e a maggioranza assoluta la legge contro la discriminazione delle minoranze sessuali. E’ stato segnato in tal modo un enorme passo avanti in una società come quella albanese dove omosessuali e transessuali costituivano una categoria di cittadini fantasma la cui identità sessuale era nel migliore dei casi taciuta. Dopo che il premier Berisha ha proposto il progetto legge in questione, l’omosessualità sembra accogliere sempre di più l’attenzione dei media e della società albanese.

Per ora sono proprio i media ad accelerare il processo di affermazione di tale comunità. E’ stato eclatante infatti quanto accaduto lo scorso 5 marzo in una puntata del Grande Fratello albanese. La dichiarazione, per quanto stilata e interpretata in conformità con il format del programma televisivo e dell’ovvio obiettivo di creare audience, si è tradotta in un gesto rivoluzionario che rompe per la prima volta un tabù in pubblico.

Nonostante una leggera apertura riguardo in particolar modo l’omosessualità femminile per lo più limitata al voyeurismo, che va di moda, negli ambienti trendy di Tirana, l’omosessualità maschile costituisce ancora un forte tabù, intollerabile ai dogmi del machismo balcanico, dominante in Albania.

L’approvazione della legge contro la discriminazione della comunità LGBT aveva proposto solo teoricamente l’integrazione degli appartenenti di tale comunità nella società albanese. Ora quanto avvenuto al Grande Fratello mette gli albanesi di fronte all’altra faccia della medaglia che va oltre l’adozione di provvedimenti legislativi il cui principale obiettivo sembrerebbe quello di mostrare a Bruxelles il proprio lato più civile per meglio calzare nei canoni dell’UE.

Le polemiche mosse dal coming out pubblico di Klodi hanno dimostrato che la strada rimane ancora lunga. I media albanesi in questi giorni hanno parlato della questione, proponendo anche interviste e testimonianze di altri omosessuali e le opinioni di attivisti della società civile. Al contempo nella città natale di Klodi a più riprese hanno avuto luogo manifestazioni omofobe, ai limiti del linciaggio pubblico. Sugli schermi delle TV nazionali sono apparsi uomini indignati che affermavano senza mezzi termini: “Lezha è pulita, non ci sono omosessuali” e “Fuori Klodi dal Grande Fratello”. Inoltre tra gli intervistati non è mancato chi ha voluto ricordare che il giovane omosessuale che ora si trova nella casa del Grande Fratello, è solo residente a Lezha, ma la sua famiglia non è “autoctona”. Tra le voci indignate qualcuno si è spinto ad affermare: “Se questo è quello che vogliono per farci entrare nell’UE, allora rinunciamoci”!

A Lezha in molti si sono stupiti della capacità di organizzarsi e radunarsi in piazza da parte degli abitanti di una delle zone più povere del paese, la cui cittadinanza nonostante le misere condizioni di vita, e gli scarsi servizi ricevuti dal governo centrale, non era mai scesa in piazza prima. L’orgoglio locale, e il maschilismo offeso dalla dichiarata omosessualità di un proprio concittadino sembrano mobilitare più che disoccupazione o mancanza di servizi.

Paragonando queste manifestazioni alle folle medievali galvanizzate dagli spettacoli pubblici delle pene inquisitorie, l’analista Fatos Lubonja, afferma sulle pagine del Korrieri: “Come prova la storia di tutte le discriminazioni il comportamento aggressivo di questa gente dimostra che vivono in una società caratterizzata da profonde frustrazioni”.

Le autorità locali hanno tollerato la manifestazione senza prendere alcuna misura a tutela della comunità LGBT. La vicenda è stata accolta con indifferenza sia da parte del premier Berisha e della sua maggioranza al governo, sia da parte della sinistra all’opposizione che non sembra dimostrare alcuna sensibilità in merito alla questione dei diritti delle minoranze sessuali.

A prendere la parte di Klodi è stata in primis l’Alleanza contro la discriminazione della comunità LGBT , associazione che sta assumendo un ruolo sempre più attivo e sempre più presente nella vita pubblica albanese. Come spesso accade, la questione si è trasferita nella blogosfera e su facebook. Rispondendo all’invito di Fatos Lubonja molti albanesi hanno scritto in solidarietà con Klodi sul proprio status di facebook la frase provocatoria “Sono omosessuale”, ma in molti hanno anche aderito ai diversi gruppi omofobi contro il concorrente di Big Brother.

Il coraggio di Klodi, ha inaugurato una nuova fase per gli omosessuali albanesi poiché li ha messi sotto i riflettori, e sotto l’attenzione di tutti. Ma ha gettato luce anche sulla fragilità della volontà degli albanesi di adottare effettivamente i principi rivoluzionari proclamati con tanto entusiasmo dal premier Berisha lo scorso agosto, che hanno poi portato alla recente approvazione in parlamento della legge contro la discriminazione. Come ha dimostrato il caso Klodi, la prossima sfida da affrontare è fare in modo che la legge non rimanga sulla carta, e le promesse di Berisha non siano indirizzate solo a Bruxelles.

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