USA/Serbia: ‘L’amicizia, il più antico mestiere del mondo’

Un articolo del settimanale belgradese ‘Vreme’ nella traduzione di Notizie Est. Come la Serbia diventa il beniamino degli USA nei Balcani, grazie alla collaboratività di cui ha dato prova fornendo documenti segreti sull’Iraq.

26/05/2003, Redazione -

USA-Serbia-L-amicizia-il-piu-antico-mestiere-del-mondo

Colin Powell e Zoran Zivkovic durante l'ultimo incontro a Belgrado

di Dejan Anastasijevic – ("Vreme" Belgrado, 22 maggio 2003)

Tradotto da Andrea Ferrario e pubblicato da Notizie Est il 22 maggio ’03

Quando una grande azienda nazionale apre un proprio ufficio nella capitale di un paese strategicamente importante e annuncia inoltre accordi del valore di centinaia di milioni di dollari, viene naturale dire che è il caso di festeggiare. Alcuni affari, tuttavia, si fanno meglio nel silenzio, soprattutto quando si tratta di armamenti e della consegna di dati riservati a un paese fino a poco tempo fa nemico. L’azienda nazionale è la Jugoimport SDPR, la capitale estera è Baghdad e gli ex nemici sono, naturalmente, gli Stati Uniti d’America, con i quali non siamo mai stati in rapporti così buoni come ora.

Come "Vreme" è venuto a sapere da fonti diplomatiche serbe e occidentali, la Serbia-Montenegro nell’imminenza della guerra in Iraq ha consegnato agli americani moltissimi dati su strutture irachene di importanza strategica, come basi militari e marittime, aeroporti, bunker sotterranei. Come ricompensa, alle aziende serbe verrà accordato un trattamento privilegiato nella gara per partecipare alla modernizzazione e alla costruzione di opere infrastrutturali in Iraq, sotto il beneplacito della azienda americana Bechtel. L’ufficio della Jugoimport, che si occuperà di coordinare e rappresentare le aziende del nostro paese, è stato aperto all’inizio di questo mese, dopo che da più di sei mesi era rimasto chiuso in seguito allo scandalo per la vendita illegale di armi all’Iraq.

UNO SCANDALO PUBBLICO

Ricordiamo: nel novembre dell’anno scorso è scoppiato uno scandalo quando si è scoperto che alcune aziende della Serbia e della Bosnia avevano venduto a Saddam Hussein armamenti, esplosivi e propellenti per missili. Nell’affare erano coinvolte svariate società private sotto la protezione di personaggi potenti dell’apparato statale e tutto si è svolto attraverso la Jugoimport, l’ex Direzione federale per il commercio di prodotti per impieghi speciali, ovvero la maggiore agenzia statale per l’import-export di apparecchiature militari e armi. In tale occasione è emerso che le forniture rientravano nell’ambito di un protocollo segreto che Slobodan Milosevic e Saddam Hussein avevano firmato nel 1999. Lo scandalo è stato doppiamente spiacevole: tali affari non solo costituivano una violazione di numerose risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma rischiavano di rovinare le già abbastanza tese relazioni con gli USA.

Era stata promessa un’indagine decisa, ma nessuno è stato chiamato a rispondere dello scandolo. Esponenti chiave del governo, ivi compreso l’attuale premier serbo Zivkovic, facevano parte del Consiglio di Amministrazione della Jugoimport, ma hanno giurato di non essere stati assolutamente a conoscenza di quanto accadeva. L’indagine della speciale commissione statale e del Ministero degli Interni della Serbia non hanno portato ad alcuna incriminazione, né a nessuno sono stati sequestrati i soldi frutti di tali esportazioni illegali. Ci si è limitati a chiudere l’ufficio della Jugoimport a Baghdad e il direttore dell’azienda, Jovan Cekovic è stato mandato in una a lungo attesa pensione. Era scontato che avrebbe accettato, tanto più che l’amministrazione americana ha tenuto una posizione molto moderata lungo l’intero scandalo. Dopo avere inizialmente condannato l’esportazione illegale e avere richiesto che venissero identificati i responsabili, il Dipartimento di Stato all’improvviso ha taciuto e si è limitato a rilasciare dichiarazioni secondo cui il governo di Belgrado "ha intrapreso passi in una direzione positiva al fine di garantire che tali fatti non si ripetano".

AFFARI SEGRETI

Dietro le quinte invece accadevano molte cose. Il Ministero degli Esteri ha avuto l’occasione di risolvere un problema che si trascinava da lungo tempo. Il ministero già da tempo cercava senza successo di convincere la Jugoimport e altre imprese che in precedenza avevano lavorato con l’Iraq a consegnargli documenti che potevano essere importanti per gli americani e il team dell’ONU nella ricerca di armi proibite. Ma riceveva sempre la risposta che tali documenti e dati erano stati distrutti oppure erano coperti da segreto militare o d’ufficio. Lo scandalo scoppiato l’autunno scorso e il ricambio al vertice della Jugoimport hanno spezzato tale resistenza. Quando le aziende serbe hanno capito che avrebbero potuto trarre profitto dalla consegna della documentazione, hanno cominciato subito a collaborare. "All’improvviso è venuto fuori che nulla era stato distrutto", racconta a "Vreme" un alto funzionario del Ministero degli Esteri. La stessa fonte racconta che il primo "pacchetto regalo" era composto da un libro di 120 pagine contenente dettagli sugli affari di Saddam dal 1999 al 2002. "Non era poi nulla di così sconvolgente", afferma tale diplomatico, spiegando che Milosevic e Saddam avevano concordato una collaborazione militare per un valore di più di 100 milioni di dollari, ma che solo una piccola quota di tale accordo era stata realizzata. La parte americana era rimasta impressionata dalla precisione e dalla ricchezza di dettagli del rapporto. "Lo abbiamo interpretato come una prova della sincerità di Belgrado", spiega un diplomatico occidentale che ha potuto vedere il libro. "La Serbia degli anni novanta era uno dei negozi preferiti di Saddam. Inoltre, dalla lista dei desiderata contenuta in questo documento si potevano trarre moltissime conclusione sul suo potenziale di difesa".

Ma c’era un’altra posta in gioco, molto più preziosa. Nel corso degli anni ’80 le aziende edili e quelle militari della Jugoslavia si erano gettate sull’Iraq, sotto l’ala protettrice della Jugoimport, e il volume complessivo degli affari realizzati aveva raggiunto a un dato momento ben 1,7 miliardi di dollari. Un ex ambasciatore jugoslavo nella regione ha detto a "Vreme" che quei tempi sono stati l’epoca d’oro della collaborazione tra Baghdad e Belgrado. "Saddam acquistava a piene mani, intere basi militari, rifugi, aeroporti, impianti di desalinizzazione, centrali elettriche e dighe", spiega l’ambasciatore. "Tra le altre cose, le nostre aziende hanno costruito il porto di Um Qasr e la sede del partito Baath a Baghdad".

IL PREZZO DI VENDITA

I piani descrittivi di queste strutture, contenenti dettagli come lo spessore dei muri e la specifica del cemento armato, risultavano particolarmente preziosi nella fase finale dei preparativi alla guerra. "Ci sono stati utilissimi, sia prima che durante la guerra in Iraq", racconta un diplomatico occidentale. Il risultato è che gli americani sono diventati debitori della Serbia-Montenegro per tali servizi resi. La ricompensa consisterà in lavori per la modernizzazione e la ricostruzione di strutture distrutte nell’Iraq occupato. Nel complesso, per tale impresa sono stati stanziati circa 1,8 miliardi di dollari, ma il maggiore singolo appaltatore è l’azienda americana Bechtel, con 680 milioni di dollari. Attualmente è in corso una gara indetta dalla Bechtel per scegliere i subappaltatori. Anche se a livello teorico la gara dovrebbe essere decisa sulla base delle migliori offerte, la politica sarà evidentemente il fattore decisivo. Alle aziende francesi e tedesche, i cui governi hanno ostacolato la macchina da guerra americana, è stato fatto capire che non vale nemmeno la pena candidarsi. Infatti, come ha detto il segretario di stato americano Colin Powell, è venuto il momento che tali stati "subiscano le conseguenze" della politica dei propri governi. I principi del libero mercato evidentemente non hanno alcuna importanza.

Alle aziende serbe, invece, gli americani hanno consigliato di partecipare a ogni costo. A tale fine è già stato firmato un consorzio sotto l’egida della Camera Economica e l’occhio vigile di Stevan Nikcevic, ex agente dei servizi segreti di Milosevic e nuovo direttore della Jugoimport. Fino a oggi del consorzio sono entrate a fare parte cinque società serbe, ma si prevede che il numero si moltiplicherà rapidamente. Nessuno finora può o vuole affermare quale fetta della torta offerta dalla Bechtel spetterà a Belgrado, ma si parla di decine, forse anche centinaia di milioni di dollari. Inoltre, il governo americano ha premiato la cooperatività della Serbia anche in forma di aiuti militari diretti, consistenti soprattutto in dispositivi di comunicazione e apparecchiature di controllo. Proprio in questo senso va il recente decreto del presidente George Bush sull’annullamento del divieto di esportare tecnologia militare americana in Serbia-Montenegro.

Ma non è finita qui: la compiacenza nei confronti degli americani ha portato, insieme ad altri fattori, come per esempio il senso di solidarietà dopo l’uccisione del premier Djindjic e il rafforzamento della collaborazione con l’Aia – a un disgelo mai visto prima nei rapporti tra Belgrado e Washington. "La nostra politica nei confronti della Serbia-Montenegro è cambiata", dice un diplomatico americano. "Da oggi ci sarà meno bastone e più carota".

MANO NELLA MANO

Così la Serbia-Montenegro si è ritrovata tra i pochi paesi europei che hanno aiutato l’invasione americana dell’Iraq, senza avere per questo rovinato le proprie relazioni con Francia e Germania. Altri nostri vicini sono stati molto più vociferanti nel loro sostegno verbale all’America, ma non per questo hanno ottenuto poi molto, a parte qualche rimprovero da Parigi e Berlino. Al Ministero degli Esteri non nascondono la soddisfazione: "Finalmente abbiamo ottenuto una vittoria importante", dicono.

Ed è vero. L’amicizia e i rapporti d’affari tra Belgrado e Saddam Hussein sono durati decenni, sopravvivendo a Josip Broz Tito, al regime di Slobodan Milosevic e anche ai primi due anni di regime di Kostunica e della DOS. Forse non è bello vendere un vecchio amico, ma ne abbiamo ottenuto uno nuovo e più utile, e Saddam comunque era ormai finito. Se è ancora vivo, il tradimento di Belgrado difficilmente rientra tra le sue principali preoccupazioni. Ma anche lui non è stato un compagno fedele: quei 1,2 miliardi di dollari di cui ci è restato debitore non ha mai avuto l’intenzione di rimborsarli e con ogni probabilità tale debito verrà cancellato. Come direbbe il cantante Rambo Amadeus: "Amico, amico…"

Per approfondire il tema Jugoimport, USA e Iraq:

Zivkovic, la Jugoimport e i traffici d’armi con l’Iraq – Notizie Est

– Articoli pubblicati dall’OB concernenti i traffici d’armi:

Dimissioni di Sarovic: sessione straordinaria della Assemblea della RS

Bosnia: dimissioni di Mirko Sarovic

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