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Ecologia in Serbia: uomo e natura senza difese
Le leggi sulla protezione dell’ambiente in Serbia esistono, ma non vengono applicate. I servizi di controllo mancano di mezzi e sono facilmente corruttibili, la polizia e la giustizia non mostrano alcun interesse per questi temi… In tali condizioni, il peggio può verificarsi in qualsiasi momento
Di Jasmina Lazic e Slobodan Bubnjevic, Belgrado, Vreme, 17 marzo 2005
Traduzione dal francese (Le Courrier des Balkans) per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
L’articolo 133 del Codice Penale della Repubblica di Serbia prescrive che «chiunque infrange le norme sulla protezione, la salvaguardia ed il miglioramento dell’ambiente ed inquina l’aria, l’acqua o la terra in misura rilevante o su uno spazio rilevante sarà punito con la pena della reclusione fino a tre anni». Questa pena non è ancora stata applicata a nessuno. La Serbia è forse un paradiso ecologico, oppure è il sistema giudiziario che non funziona? «Il nostro sistema giudiziario funziona spesso sulla base della ‘relazione’ che sblocca il processo, altrimenti il tribunale è talmente sovraccarico che non riesce a reagire», spiega Branislav Bozovic, segretario per la protezione dell’ambiente della città di Belgrado.
Il sistema
Diverse leggi possono servire da base per le querele e le richieste di risarcimento danni a causa dell’inquinamento. La Legge sui rapporti di obbligazione regola le questioni di risarcimento dei danni in generale, e questo diritto è elaborato in dettaglio dalle leggi sulla protezione dell’ambiente della Repubblica Federale di Jugoslavia (1998) e della Serbia (1992). Il risarcimento non esclude comunque la responsabilità di chi ha causato il danno.
«La nuova Legge sulla protezione dell’ambiente (2004) contiene un paragrafo sull’accertamento della responsabilità per l’inquinamento», sottolinea Miroslav Nikcevic, direttore della Direzione per la protezione dell’ambiente presso il ministero della Scienza e dell’Ambiente. Andjelka Mihajlov, prima ed ultima ministro dell’Ecologia (2002-2003), afferma che la mancanza di informazione dei cittadini era uno dei maggiori problemi. Ricorda la convenzione adottata il 25 giugno 1998 a Arhus (Danimarca) che è entrata in vigore il 30 ottobre 2001. La convenzione è stata firmata dall’UE e da 39 altri Stati. La Serbia-Montenegro non ne fa parte, anche se la ratifica di questa convenzione rappresenterebbe una delle svolte importanti sulla strada verso l’UE.
Leggi clonate
La convenzione di Arhus presenta tre aspetti: l’informazione del pubblico, la sua partecipazione alla formazione delle decisioni, ed il sistema giudiziario. La Legge sulla protezione dell’ambiente prevede l’obbligo del ministero preposto alla tutela di pubblicare un rapporto annuale sullo stato dell’ambiente. Il primo ed ultimo rapporto per la Serbia è stato pubblicato nel 2002.
Per quanto riguarda il secondo aspetto della convenzione internazionale, Miroslav Nikcevic afferma che la nuova legge assegna competenze più ampie alle autorità locali. Branislav Bozovic dice che i poteri locali non sono in grado di fare molto. L’associazione ecologista del villaggio di Vreoci, vicino a Lazarevac, da anni lotta contro i locali inquinatori e ha realizzato più di 40 progetti. Come la maggior parte delle organizzazioni ecologiste locali, non hanno mai presentato un esposto e una denuncia contro chi inquina.
«Questo sì che li metterebbe a posto, denunciateli e staranno tranquilli per dieci anni», dice Radomir Marinkovic dell’associazione «Vreoci». Propone delle ricette più efficaci: si presenta una domanda di intervento all’Ispettorato dell’ambiente e poi si convocano sul posto i media per obbligare l’Ispettorato a fare qualcosa di concreto.
Intanto, nessuno si assume le proprie responsabilità secondo quanto dispone la Legge sulla protezione dell’ambiente, nonché l’articolo 133 del Codice Penale. «Non funziona. Le leggi vanno bene, vanno male quelli che le applicano. È per questo che noi abbiamo utilizzato i mezzi che avevamo a disposizione», aggiunge Radomir Marinkovic. Andjelka Mihajlov dice che le ONG e i poteri locali non sono riusciti a influenzare l’adozione di nuove leggi sull’ambiente. Il terzo aspetto della convenzione di Arhus concerne il funzionamento della giustizia a tre livelli: l’Ispettorato, il Pubblico Ministero e i Tribunali.
Le ispezioni
Nel 2004, la Direzione per la protezione dell’ambiente ha avviato due tipi di procedure, che sono attualmente affidate al tribunale. La sorveglianza è esercitata dagli ispettori della sede della Direzione di Belgrado o delle altre 19 città della Serbia. I lavori sono divisi tra tre dipartimenti: la protezione e l’utilizzo dei beni e delle risorse naturali, la protezione dell’ambiente e il controllo ecologico delle frontiere.
Gli ecologisti denunciano l’inefficacia delle ispezioni e la mancanza di mezzi che ne influenza l’obiettività. Gli ispettori sono privi di mezzi di trasporto, e se vengono accompagnati sul posto dagli inquinatori, la loro indipendenza è poco probabile.
Nel periodo compreso tra gennaio e novembre 2004, sono state compiute 115.148 ispezioni, di cui 110.328 sulle frontiere, 3.268 nel campo della protezione dell’ambiente, e 1.552 nell’ambito della protezione e dell’utilizzo dei beni e delle risorse naturali. La Direzione ha fatto 829 verbali, depositato 11 denunce penali, avviato 72 cause commerciali, e inoltrato 261 denunce presso il tribunale correzionale, ma non conosce il destino di tutti questi documenti. «Non abbiamo informazioni, il che vale a dire che i processi sono stati fermati o rallentati, oppure che non è successo nulla», dice Miroslav Nikcevic.
Il Pubblico Ministero
La Direzione per la protezione dell’ambiente ha depositato il 6 aprile 2004 due denunce presso il dipartimento municipale del Pubblico Ministero competente per le infrazioni commerciali sul territorio della città di Belgrado. Una concerne l’Istituto per la tecnologia dei materiali nucleari ed altre materie minerali, e l’altra la società «Belgrado» per la sicurezza sul lavoro. I due processi sono ancora in corso. Lo stesso dipartimento del Pubblico Ministero è competente per i comuni di Savskivenac, Rakovica e Cukarica, con la più alta concentrazione industriale, ma non ha ricevuto alcun esposto che le riguardi. Il dipartimento municipale del Pubblico Ministero incaricato delle cause penali ha trattato un solo caso di inquinamento. Sono arrivati alla redazione dell’atto d’accusa.
I giudici
Secondo Andjelka Mihailov, il nostro sistema giudiziario non attribuisce nessuna importanza agli affari che riguardano l’ambiente. Certe analisi indicano che le cause che finiscono davanti al Tribunale sono accantonate fino a che esse non perdono qualsiasi interesse a causa del tempo che è trascorso. Inoltre, ci sono ben pochi giudici interessati a formarsi sulle questioni ecologiche. Branislav Bozovic e Miroslav Nikcevic sono d’accordo con l’ex ministro dell’Ecologia. Essa aveva previsto l’introduzione dei Tribunali ecologici, a somiglianza di certi Paesi europei, ma né questo progetto, né quello della polizia ecologica sono arrivati a compimento.
Gli esperti
La questione dell’expertise giudiziaria è uno dei maggiori problemi nelle cause di risarcimento danni per inquinamento ambientale. Ciò riguarda soprattutto l’inquinamento da radiazioni ionizzanti. Le analisi scientifiche non sono utilizzabili nelle cause concrete perché esse sono esclusivamente di carattere statistico e concernono grandi estensioni di territorio.
L’articolo 133 del Codice Penale e tutti gli altri meccanismi giudiziari restano sconosciuti per mancanza d’informazione e di educazione ecologica e per la passività degli organi competenti. La nuova Legge prevede l’introduzione della tecnologia verde in Serbia prima del 2015. «Le scadenze non saranno rispettate se lo Stato e la società non dispongono di mezzi per adempiere a queste condizioni», dice Branislav Bozovic.
I più recenti incidenti ecologici
Il numero complessivo degli inquinatori e degli incidenti ecologici in Serbia non si conosce. Ecco la lista di quelli che hanno attirato l’attenzione dei media:
Agosto 2004: furto di una vettura che trasportava dell’iridio incapsulato davanti all’Istituto «Kirilo Savic» a Belgrado
Marzo 2004: emissione di diossido di zolfo al di sopra dei valori consentiti nella raffineria di Pancevo
Giugno 2004: Perdita di benzina sul ponte «Gazela» a Belgrado
Luglio 2002: Perdita di ammoniaca da vagoni-cisterna a Dorcol
Agosto 2002: Perdita d’ammoniaca da vagoni-cisterna a Topcider
Agosto 2003: Perdita di cloruro di vinile da un camion-cisterna rovesciatosi a Belgrado
Ottobre 2003: ribaltamento di un camion-cisterna a Feketic, vicino a Backa Topola.