Le autorità locali e il riscaldamento climatico

In gran parte d’Europa il 2018 è stato l’anno più caldo dal 1900 a oggi, e nel 2019 potrebbe andare ancora peggio. Ma qual è la risposta che le autorità locali stanno dando alla crisi climatica? Un’inchiesta dello European Data Journalism Network

05/09/2019, Nicolas Kayser-Bril -

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Atene (photo: TheVRChris/Flickr CC BY-NC-ND 2.0 )

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da VoxEurop  nell’ambito del progetto EDJNet .

Come ci si doveva aspettare in un mondo che si surriscalda sempre più, il 2018 ha infranto numerosi record. Secondo i dati forniti dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), per milioni di europei l’anno passato è stato il più caldo dal 1900. Oltre 200 aree urbane hanno raggiunto temperature record, da Montpellier nel sud della Francia a Białystok nella Polonia nord-orientale. Il 2018 è stato l’anno più caldo che si ricordi anche per le città lungo il Danubio e per quelle che si affacciano sul Mar Adriatico o che si trovano in Italia centrale.

Perfino l’ondata di freddo del marzo 2018, che ha portato le temperature sotto lo 0°C in buona parte del continente e portato la neve in città meridionali come Roma, non è stata poi così rigida. Eventi di questo tipo sono dovuti all’indebolirsi del vortice polare, un’area di bassa pressione che di solito rimane sopra l’Artico. Quando diventa instabile, come è accaduto nel marzo 2018 in Europa o nel gennaio 2019 negli Stati Uniti , il vortice si sposta verso sud. 

Tuttavia, queste brevi ondate di freddo fanno notizia per il fatto di essere rare, più che intense in modo eccezionale. La visualizzazione interattiva qui sotto permette di capire quanti periodi freddi e lunghi come la settimana più fredda registrata nel 2018 ci siano stati nei vari decenni. In quasi tutte le città le ondate di freddo erano più frequenti nel XX secolo. 

Il 2019 potrebbe diventare l’anno più caldo di sempre

Un’analisi dei primi cinque mesi del 2019, effettuata su dati di altra provenienza – questa volta dallo European Climate Assessment & Dataset Project , che usa rilevamenti delle stazioni meteo – mostra che i record del 2018 potrebbero presto essere superati. Da gennaio alla fine di maggio di quest’anno, in alcune città le temperature sono state molto più alte della media del periodo compreso tra il 1970 (1975 per Lione) fino al 2000. Nel 2019 Varsavia, Cluj-Napoca e Tallin sono state di 2,5 gradi centigradi più calde rispetto alla media degli stessi mesi alla fine del XX secolo. A Helsinki, Cracovia e Malmö il caldo è stato di 2°C superiore alla norma, e soltanto alcune città spagnole come Bilbao e Palma di Maiorca sono state meno calde di 0.5°C nel primo trimestre del 2019 rispetto alla fine del XX secolo. 

Le temperature relative al 2019 sono soltanto preliminari. Lo European Data Journalism Network aggiornerà il suo progetto One Degree Warmer all’inizio del 2020 con i dati dell’ECMWF, permettendo così di effettuare paragoni rigorosi nel tempo. 

Le vittime dovute alle alte temperature

Le temperature più elevate continuano a incidere pesantemente sulla vita in Europa, e anche gli animali ne risentono. A causa del suo rapido riscaldamento, il Mar Baltico è considerato dai ricercatori un banco di prova di quello che sta per accadere ad altri mari. Le aringhe stanno diventando più rare, mentre i pescatori hanno iniziato a portare a riva le sardine – un ingrediente di riferimento della cucina portoghese. Se questo porta un sollievo temporaneo, le prospettive a lungo termine del settore della pesca nel Baltico restano cupe. 

Le alte temperature della primavera e dell’estate 2018, abbinate alla mancanza di precipitazioni, hanno portato a un crollo delle colture in Germania e in Polonia. Complessivamente, le perdite sono state stimate in 3,5 miliardi di euro. Gli inverni più tiepidi hanno aggravato, al contrario, gli effetti delle brevi gelate. Quando le temperature scendono sotto lo zero ad aprile o maggio, come accaduto quest’anno in alcune regioni dell’Europa centrale, i raccolti di ciliegie o mele sono compromessi. Anche se in passato le gelate notturne non erano rare (la proverbiale data degli “Ice Saints” per l’ultima gelata invernale possibile è a metà maggio), ora il danno è maggiore, perché gli alberi fioriscono molto prima del dovuto a causa delle temperature più alte di febbraio e marzo. 

Anche le perdite di vite umane dovute alle alte temperature sono più numerose. Decine di europei sono morti di disidratazione e infarto durante le ondate di calore del 2018, ma nessuna autorità centrale tiene un conto esatto dei morti. Le vittime delle ondate di calore probabilmente sono in buona parte sottostimate. EM-DAT – una banca dati che raccoglie informazioni sui disastri naturali e tecnologici curata dall’università cattolica di Lovanio in Belgio, nonché uno dei pochi riferimenti usati dagli esperti per la previsione di disastri imminenti – contiene soltanto sette voci per le ondate di caldo del 2018. Di queste, soltanto una precisa il numero delle vittime (9 morti in Spagna nell’agosto scorso).

Se la causa di una morte può essere difficile da stabilire con certezza, i pochi istituti di statistica che rendono noti i dati relativi alle “morti dovute all’eccesso di caldo” confermano che le ondate di calore provocano molti più decessi. Nella regione tedesca del Baden-Württemberg, che ha una popolazione di 11 milioni di abitanti, le morti provocate dal calore si contano in più di un migliaio ogni anno, e arrivano a duemila quando il caldo è particolarmente intenso. Uno studio pubblicato nel 2017 da Lancet ha stimato che ogni anno muoiono tra i 10mila e i 60mila europei. Tuttavia, questo dato si fonda sull’analisi delle tendenze climatiche e di dati anteriori al 2010, quando le ondate di calore erano meno frequenti. 

L’adattamento è lento

Le aree urbane, dove abitano i tre quarti degli europei, sono in prima linea rispetto alla crisi climatica. Cemento e asfalto accumulano calore durante il giorno e lo rilasciano di notte, contribuendo al fenomeno noto come “isole di calore”, che rende le città alcuni gradi più calde dei loro dintorni. Per molti abitanti dei centri urbani, soprattutto quelli troppo poveri per investire in impianti di raffreddamento dell’aria come i condizionatori, le politiche di adattamento adottate dalle autorità locali possono essere questione di vita e di morte nel vero senso della parola. 

Alcune città prendono sul serio la necessità di adattarsi all’aumento delle temperature. Münster, città di 300mila abitanti nella Germania occidentale, nel maggio 2019 ha dichiarato lo stato di emergenza climatica, seguendo l’esempio di Bristol che lo aveva fatto nell’autunno 2018, di Londra, Costanza e altre città ancora. 

Se le dichiarazioni di stato di emergenza climatica sono troppo recenti per essere valutate, quantomeno dalla metà degli anni Duemila molti altri programmi hanno cercato di affrontare il problema del cambiamento climatico. Circa quindici città dell’Unione europea hanno o pianificano di avere un CRO, “chief resilience officer” (“responsabile per la resilienza”), grazie al programma “100 città resilienti”, finanziato dalla Fondazione Rockfeller (che paga il corrispettivo di due anni di stipendi dei CRO).

A Parigi, per esempio, la temperatura nel 2018 è stata di 2°C più calda che nel corso del XX secolo, e il CRO ha lanciato un programma volto a rifare i cortili delle 700 scuole cittadine per limitare l’effetto delle isole di calore. Il comune parigino sta pensando anche di trasformare la tangenziale interna alla città, nota come périphérique, in un viale alberato. 

Da un’indagine condotta in 61 città di sei paesi diversi dallo European Data Journalism Network risulta che, nel migliore dei casi, le strategie delle autorità locali per adattarsi al riscaldamento climatico sono dissimili. 

Lisbona, che rientra tra le “100 città resilienti” della Fondazione Rockefeller, ha fornito molti dettagli sulla sua strategia di adattamento al cambiamento climatico (EMAAC nel suo acronimo portoghese), un piano che l’amministrazione locale ha messo a punto nell’ambito del progetto ClimAdaPT.Local, uno sforzo da 1,5 milioni di euro finanziato dall’Area economica europea. 

La Spezia, dove il 2018 è stato di quasi 2°C più caldo rispetto alla media del XX secolo, ha fatto sapere che parte della sua strategia consiste nell’aderire a Mayors Adapt, una rete di amministrazioni locali istituita dalla Commissione europea. Tuttavia, questo programma ha cessato di esistere nel 2015; il programma che lo ha sostituito si chiama “Patto dei sindaci” .

Il rapporto tra i programmi ufficiali e gli effetti concreti è assai esile in altri centri urbani. 

Dal 2008 al 2014, il governo tedesco ha appoggiato alcuni progetti pilota nell’ambito del programma “Klimzug”, per aiutare sette regioni ad abbozzare un piano di adattamento alla crisi climatica. Dresda, città di 800mila abitanti nella Germania orientale, dove il 2018 è stato più caldo di 2,5°C rispetto alla media del XX secolo, ha risposto al questionario di EDJNet illustrando il suo piano Klimzug (meglio noto con l’acronimo Regklam ), che pare sia stato messo in atto.

Un’altra città che ha tratto benefici da un piano pilota Klimzug è stata Rostock (200mila abitanti, situata sulla costa del Baltico). Tuttavia l’amministrazione locale ha risposto al nostro questionario senza riferirsi neanche una volta alla sua strategia Klimzug (denominata "Radost" ), e affermando addirittura che Rostock avrebbe tratto dei vantaggi dalle temperature più elevate. Tuttavia, poche settimane dopo aver inviato questa risposta la città è stata colpita da un’ondata di calore. A quel punto, gli amministratori hanno ammesso ai media locali di essere “tristemente impreparati” ad affrontare eventi di quel tipo. È interessante notare che, nell’ambito del programma Radost, nel 2014 Rostock aveva però preso l’impegno di mettere a punto un piano per la mitigazione del calore. 

“Sappiamo gestire soltanto le emergenze”

Nel suo questionario, EDJNet ha chiesto alle autorità comunali quali studi siano stati condotti per valutare gli effetti delle temperature più elevate sulla popolazione. 

Skövde, città svedese di 30mila abitanti, dove il 2018 è stato di 2°C più caldo del XX secolo, ha spiegato candidamente che non ha ancora valutato l’impatto della crisi climatica sui suoi abitanti. I politici, ha fatto sapere, “di solito hanno altre priorità, come la crescita economica, e così l’adattamento al cambiamento climatico non ha ricevuto la stessa attenzione. Le politiche di partito talvolta non vanno nella medesima direzione delle prove scientifiche”, hanno fatto sapere le autorità locali, aggiungendo che è in corso di definizione uno studio. 

L’amministrazione di Belluno, che nel 2018 è stata di 1,7°C più calda rispetto alla media del XX secolo, ha dichiarato che le temperature più elevate non sono un problema. Non ha condotto però  alcun tipo di studi, a eccezione di un monitoraggio di zanzare e zecche: ci si chiede quindi su quali dati si basi l’affermazione che ha fatto. 

Una tale mancanza di valutazioni sistematiche è sicuramente un problema. Nella maggior parte dei paesi europei, le città devono mettere a punto dei programmi o delle strategie di adattamento, come i “Piani d’azione per l’energia sostenibile e il clima” (Paesc) o i “Piani locali per il clima, l’aria e l’energia” (Pcaet in Francia). Il fatto che così poche città abbiano studiato con rigore gli effetti dell’aumento delle temperature accredita l’affermazione delle autorità di Skövde: i piani di questo tipo probabilmente sono dominati più dalle preoccupazioni politiche che dai dati di fatto. 

Treviso ha scritto che se alcuni studi sono stati condotti è stato solo per iniziative personali. “Evidentemente, anche se ormai è serio, il problema non è ancora percepito dalle autorità in tutta la sua gravità” ha scritto un funzionario comunale. Nelle sue parole, la città “si occupa soltanto di gestire le emergenze… ma sempre più spesso!”. L’affermazione è sincera e, malgrado la montagna di rapporti sull’adattamento climatico che sono stati prodotti, potrebbe valere per centinaia di altre città europee.

Metodologia

Esistono molti modi di misurare la temperatura. La maggior parte delle persone è interessata alla temperatura massima giornaliera (misurata di solito a due metri dal suolo), perché ci aiuta a decidere quali abiti indossare. Altri, come i coltivatori, possono preferire le temperature misurate al livello del terreno. EDJNet usa la temperatura media quotidiana, che è la media delle misurazioni della temperatura effettuate a mezzanotte, alle 6 del mattino, a mezzogiorno e alle 18. 

Ci sono molteplici fonti per i dati sulle temperature. La temperatura attuale, come quella che compare su qualsiasi smartphone, di solito arriva dalle stazioni meteo. I dati delle stazioni meteo non possono però essere usati per analisi a lungo termine: non tutte le stazioni meteo esistevano nel 1900, e in ogni caso nel frattempo possono essere state trasferite, oppure il microclima dei loro dintorni può essere cambiato (alcune stazioni di rilevamento meteo che si trovavano in campagna ormai sono circondate dal cemento), e questo rende più difficile ricostruire gli andamenti in modo affidabile. Per questi motivi, EDJNet usa i cosiddetti dati di “rianalisi” forniti dall’ECMWF. Questi dati aggregano informazioni provenienti da fonti diverse, compresi i dati delle stazioni meteo e le misurazioni effettuate da satellite o da palloni sonda aerostatici. I dati risalenti alla prima metà del XX secolo sono stati ricostruiti usando modelli climatici e i dati storici delle stazioni meteo. 

Geert Jan van Oldenborgh, un esperto di ricerche sul clima dell’Istituto meteorologico reale neerlandese che cura il Climate Explorer , una raccolta di dati relativi al tempo, ci ha spiegato che le rianalisi forniscono “il miglior punto di partenza per elaborare una previsione”. Dato che i modelli meteo sono andati migliorando, è logico “usare le osservazioni del passato per ottenere la miglior descrizione possibile del clima nel passato”. In ogni caso, l’affidabilità delle rianalisi è variabile, perché possono facilmente mancare le temperature invernali estreme alle alte quote, ha aggiunto van Oldenborgh. 

I dati di ECMWF sono disponibili per tutto il mondo, ma la loro risoluzione è limitata a quadrati di circa 80 chilometri per lato. Tra le letture delle temperature effettuate da ECMWF e la temperatura reale delle città che si trovano nei pressi di aree montagnose possono esserci differenze di parecchi gradi. Tuttavia la tendenza al riscaldamento in genere è la medesima, sia che si usino le rianalisi, sia che si usino i dati delle stazioni meteo. Un avvertimento importante riguarda le città lungo la costa dove il mare si riscalda più rapidamente del terreno: questo fenomeno si verifica perlopiù nel Mar Baltico. Per queste città le misurazioni del calore riportate da EDJNet sono in genere più elevate di quelle che si otterrebbero dai dati delle stazioni meteo.

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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