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Azerbaijan, mal di petrolio
La storia dell’Azerbaijan può essere scritta anche seguendo la linea nera del suo petrolio, elemento che da tempo caratterizza l’economia e la cultura del paese. E che impatta sull’ambiente
L’ambiente in Azerbaijan è compresso nella morsa tra i lasciti del passato e le sfide climatiche del futuro. La situazione attuale è particolarmente complessa: vi sono i danni ambientali dovuti alla deforestazione, all’uso di pesticidi in agricoltura – il cui uso intensivo si è diffuso nel periodo sovietico – e all’impatto degli idrocarburi. E poi vi è il cambiamento climatico globale i cui sintomi sono già presenti nel paese.
Il governo ha adottato alcune strategie per affrontare quest’emergenza: già nel 2003 il paese adottava ad esempio nel Programma di Sviluppo Nazionale una strategia di sostenibilità. Provvedimento che però non è certo sufficiente. In questo approfondimento prenderemo in considerazione due aspetti: l’impatto sull’ecosistema dell’industria petrolifera e il cambiamento climatico in atto.
Il petrolio, risorsa e maledizione
La storia dell’Azerbaijan può essere scritta anche seguendo la linea nera del suo petrolio, elemento che fa da sempre parte dell’economia e della cultura del paese. Lo stesso nome del paese si riferisce al fuoco promanato dai suoi idrocarburi.
Già dal 600 a.C. "l’acqua di fuoco" era usata per illuminare le abitazioni, scaldarsi, realizzare medicine e armi incendiarie. Il petrolio si raccoglieva nelle pozze che si formavano naturalmente e veniva utilizzato per il culto del fuoco, istituito da Zoroastro. Anche Marco Polo raccontò di aver incontrato lungo la Via della Seta una fontana che gettava continuamente petrolio poi caricato sui cammelli per essere utilizzato prevalentemente per curare malattie della pelle di uomini e animali.
Nel 1803 davanti a Baku nasceva il primo pozzo offshore della storia e nel 1844 avveniva la prima trivellazione di un pozzo petrolifero. Pagine importanti quindi della storia dell’industria petrolifera sono state scritte in Azerbaijan. Dal XIX secolo cominciava la “corsa al petrolio”, paragonabile alla corsa all’oro nel selvaggio west americano, soprattutto per l’impatto sociale che essa avrebbe avuto nelle zone che ne furono interessate.
Oggi di quell’impatto è rimasto soprattutto il costo ambientale. Circa 30.000 ettari di terreno nella penisola di Abşeron sono inquinati da prodotti petroliferi e varie forme di rifiuti industriali. Di petrolio è malato anche il Mar Caspio.
Perché l’impatto ambientale si riduca, l’intera economia andrebbe al settore non petrolifero, così come il settore energetico dovrebbe diventare più sostenibile e utilizzare fonti rinnovabili. A questo scopo nel 2016 è stata adottata da parte del governo una roadmap strategica per incoraggiare gli investimenti nel settore non-petrolifero. Nel 2018 un decreto presidenziale ha poi introdotto altre misure a favore di privati e delle piccole-medie imprese che si occupano di rinnovabili (decreto presidenziale n. 497).
La riconversione elettrica si sta però dimostrando molto difficile: è fermo all’8% il totale dell’energia prodotta da fonti rinnovabili nel paese. Il target è raggiungere il 20% anche per assicurare una più lunga durata delle esportazioni di gas e petrolio, della cui estrazione il 25% va per uso domestico.
Il cambiamento climatico
Sui difficili lasciti del passato si innestano le criticità del cambiamento climatico e si alza l’asticella della difficoltà di gestione dell’ambiente. Il riscaldamento globale ha portato in Azerbaijan all’innalzamento della temperatura media di 0.41 gradi dal 1991 al 2000, dato tre volte superiore a quello registrato nei tre decenni precedenti. Le precipitazioni si sono ridotte – nell’ultimo decennio – con picchi di -14% lungo il Kura-Aras, 18% nella zona Ganja-Gazakh, e 17% in Nakhchivan. Il dato nazionale, sempre nello stesso arco temporale, è di una riduzione del 10%.
Meno acqua dolce dal cielo e – allo stesso tempo – anche le fluttuazioni del Mar Caspio generano preoccupazione. Il Mar Caspio è la più grande massa d’acqua chiusa, e il suo livello per un insieme aggregato di fattori continua ad aumentare. Era – 28 metri sotto il livello del mare nel 1961, anno su cui si è tarato il livello zero delle misurazioni comparative, e ora oscilla dai -26.5 ai -25 metri. Salendo, invade i bacini di acqua dolce e pone a rischio le infrastrutture costiere.
Il rischio di salinizzazione del suolo nel Caucaso orientale è uno dei fattori più preoccupanti del quadro regionale, non solo per l’impatto ambientale ma anche per le conseguenze in termini di accessibilità e contaminazione dell’acqua utilizzata in agricoltura, per la pastorizia e per uso umano.
Interi ecosistemi si sono consolidati e hanno raggiunto un grado di sostenibilità con un Mar Caspio che aveva caratteristiche diverse da quelle che sta assumendo ora. L’alterazione del bacino, oltre a cambiare la conformazione della costa, mette a rischio la biodiversità, la sopravvivenza di specie endogene, anche per l’alto tasso di inquinamento delle acque. Nelle aree che sta allagando si sono create zone palustri ove è comparsa la malaria.
L’equilibrio idrogeologico del paese è esposto anche ai rischi legati a eventi meteorologici estremi che i cambiamenti climatici in corso stanno generando in varie parti del mondo. Nel caso dell’Azerbaijan le piogge si fanno più intense e la distribuzione sta cambiando sia geograficamente che stagionalmente. L’impatto di allerte pioggia inusitate causa frane, valanghe, inondazioni, che soprattutto lungo il Kura possono avere impatti drammatici (dati disponibili qui ).
Una sfida per tutti
Nonostante vi sia un ministero per l’Ambiente e le Risorse naturali, un comitato di statistiche nazionali che pubblica dati relativi alla protezione ambientale e che il paese sia firmatario di accordi contro l’inquinamento dell’aria, per la biodiversità, per il cambiamento climatico, del Protocollo di Kyoto, di accordi contro la desertificazione, contro i rifiuti dannosi, per le specie a rischio, per il buco dell’ozono e dell’Accordo di Parigi , secondo uno studio del 2006, il paese è al 95esimo posto su 132 per performance ambientali. Inoltre delle 99 specie animali endemiche nel paese 13 sono a rischio estinzione.
Sul tema si sta mobilitando anche la società civile attraverso vari movimenti come il Movimento Verde e Green Baku , l’associazione ecologica Ruzgar , la Società per la Protezione degli Animali , IDEA , e l’Accademia Ecoenergetica , per citarne alcune, ma l’elenco è lungo e include anche piccole organizzazioni locali che però spesso hanno capacità limitate.