La Slovenia membro del Consiglio di sicurezza

La Slovenia sarà membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel biennio 2024-2025. L’elezione all’Assemblea generale di New York è avvenuta lo scorso 6 giugno. Lubiana rappresenterà i paesi dell’Europa dell’est e prenderà il posto attualmente occupato dall’Albania

12/06/2023, Stefano Lusa -

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New York, durante una seduta del Consiglio di Sicurezza dell'ONU © lev radin/Shutterstock

La Slovenia sarà membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel biennio 2024-2025. A stabilirlo è stata l’Assemblea generale che le ha conferito l’incarico con 153 voti. La maggioranza necessaria era di due terzi, ossia di 128 voti. Lubiana rappresenterà i paesi dell’Europa dell’est e prenderà il posto attualmente occupato dall’Albania.

Sarà la seconda volta che la repubblica ex jugoslava andrà ad occupare una delle 15 poltrone del Consiglio di sicurezza, la prima volta era accaduto nel biennio 1998-1999. Ci aveva poi riprovato nel 2011, quando si era scontrata con l’Azerbaijan. Le cose non andarono benissimo. L’Assemblea generale fu impegnata in una lunga serie di votazioni ed alla fine Lubiana decise di ritirarsi. Fu una delusione enorme. Quella vicenda venne commentata sarcasticamente, dicendo che mentre la Slovenia cercava di convincere gli ambasciatori alle Nazioni Unite con le sue proposte e donando semplici cioccolatini, gli altri offrivano petrolio.

Lubiana questa volta partiva nettamente favorita, ma non era del tutto certa di farcela. A lottare per il prestigioso scranno c’era anche la Bielorussia. Gli alleati della Russia di Putin alla fine hanno racimolato solo 38 voti. L’intenzione della Bielorussia di correre per il Consiglio di sicurezza era stata annunciata già nel 2007. Sarebbe stata la prima volta per questo paese.

La Slovenia era scesa in campo, invece, solo alla fine del 2021. A pochi giorni dal voto nell’Assemblea generale, l’ex premier Janez Janša, aveva precisato che il suo governo aveva deciso di presentare la candidatura su invito degli Stati Uniti. Una sincerità disarmante nel peggior momento possibile, proprio mentre il governo e gli ambasciatori stavano concludendo una laboriosa campagna che li aveva portati a girare praticamente tutto il mondo, con l’obiettivo di spiegare che quella slovena era una proposta credibile ed autonoma. Proprio per questo si era tentato di tenersi il più lontano possibile dai propri alleati occidentali, mettendo in primo piano la questione dei cambiamenti climatici, la lotta per i diritti dell’uomo, per quelli delle donne e naturalmente il rispetto del diritto internazionale.

Far fallire la candidatura slovena, però, sarebbe stata un’ottima carta da giocare in politica interna. La prima ad essere messa sulla graticola sarebbe stata la ministra degli Esteri, Tanja Fajon. Difficilmente avrebbe potuto conservare il suo posto nel governo e probabilmente sarebbe anche potuta saltare la sua leadership tra i socialdemocratici, dove nelle ultime settimane una serie di avvoltoi avevano già cominciato a girare intorno alla sua testa. Probabilmente proprio per questo, quando al Palazzo di vetro hanno annunciato che la Slovenia ce l’aveva fatta, Tanja Fajon è scattata in piedi esultando come se la sua squadra avesse appena vinto una finale di Champions league.

Poco più in là Samuel Žbogar è rimasto seduto, portando le mani alla faccia per nascondere le lacrime. Era stato uno di quei giovanotti che durante la prima presenza slovena nel Consiglio di sicurezza aveva imparato a muoversi nel panorama internazionale. Dalla poltrona di Segretario di stato agli Esteri è stato quello che più di tutti ha tessuto le trame che hanno portato alla vittoria slovena. Il pericolo, naturalmente, non era perdere con la Bielorussia. Minsk non avrebbe mai potuto ottenere i due terzi dei voti necessari per poter entrare nel Consiglio di sicurezza, ma nel caso la Slovenia non avesse ottenuto sin da subito l’incarico, probabilmente sarebbe stata costretta a farsi nuovamente da parte. Secondo alcune speculazioni avrebbe potuto approfittarne la Serbia. Per Žbogar questa vittoria è una vera e propria rivincita, visto che a guidare il ministero degli Esteri all’epoca della sconfitta con l’Azerbaijan c’era proprio lui.

Ora una nuova infornata di diplomatici sloveni potrà fare esperienza nel panorama internazionale. Per loro si apriranno porte ed opportunità che difficilmente altrimenti potrebbero avere. Una rete di relazioni e contatti personali che potranno essere preziosissimi in futuro per la Slovenia. Dipenderà poi dai governi in carica saperli usare al meglio.

Žbogar, ad esempio, tornato dal suo incarico di Rappresentante speciale dell’Unione europea in Kosovo, era stato chiuso in un ufficio del ministero degli Esteri, al tempo dell’ultimo governo Janša. Dal Consiglio sicurezza delle Nazioni Unite Lubiana potrà giocare il ruolo che può avere un paese di due milioni di abitanti. Quello che, però, i diplomatici sloveni metteranno in primo piano sarà sicuramente l’importanza del rispetto del diritto internazionale. Quest’ultimo è infatti l’unica, spesso effimera, garanzia per i piccoli stati davanti alle superpotenze e a ingombranti vicini. Per il resto, molto probabilmente, anche nel prossimo futuro del Consiglio di sicurezza e delle Nazioni Unite, non si sentirà parlare.

L’organismo è oramai bloccato dal tempo della risoluzione sulla Libia del 2011. Improbabile che posa svolgere un ruolo di mediazione nella guerra in Ucraina. Se dovesse accadere, con la Slovenia nel Consiglio di sicurezza, nel paese rischierebbe di accendersi un infuocato dibattito interno. Lubiana è assolutamente allineata con l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Non mancano, però, voci critiche. A guidare la fronda gli ex presidenti Milan Kučan e Danilo Türk, che pur condannando l’invasione russa, chiedono la pace ad ogni costo. Al loro fianco molti intellettuali di riferimento del centrosinistra, che da tempo si lanciano in temerarie e ambigue analisi sulle ragioni della Russia, sulle presunte responsabilità che la Nato avrebbe per la guerra in Ucraina e sulla guerra per procura che lì si starebbe combattendo.

La politica slovena sembra sempre più frammentata: una parte guarda ad occidente ed alla democrazia liberale, l’altra alla granitica alleanza con gli Stati Uniti ed ai modelli di “democrazia” autoritaria ungherese e polacca e altri ancora sognano il non allineamento e la “democrazia” senza partiti di jugoslava memoria. Il motto oramai è: “Avanti tutti in ordine sparso nel marasma generale”.

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